Associazione "Costruire Insieme" Riunione a Verona del 23.06.2018
Postato da admin [23/06/2018 21:17]
Adesso mobilitiamoci!
A Verona Sabato 23 Giugno 2018 è avvenuto un fatto importante per i Popolari
italiani. Esponenti di diversi partiti, movimenti, associazioni e gruppi,
espressione di esperienze diverse, molte delle quali figlie della lunga e dolorosa
diasporademocratico cristiana, si sono ritrovati per avviare un processo di
ricomposizione per il quale il contributo offerto da “ Costruire Insieme” è
stato rilevante.
Guidata dal sen trentino Ivo Tarolli, l’associazione
“ Costruire Insieme”, sin dal Convegno di Rovereto ( Luglio 2015) con la “
Lettera Appello” “ai tanti in prima linea”, si erafatta promotrice del progetto che solo a
Verona ha trovato la definitiva consacrazione.
A Rovereto ( Luglio 2015) prima e a Orvieto
poi ( Novembre 2015), molti dei partecipanti che avevano condiviso
quell’appello si erano più tardi divisi, finendo col dare preferenza ai temi
del: “chi guida?” e “con chi ci si allea?”- Due interrogativi oggettivamente
divisivi, che hanno dovuto scontare le divisioni laceranti vissute sino alle
recenti elezioni politiche.
Il voto del 4 Marzo, con la definitiva
riduzione alla totale scomparsa dell’esperienza politica dei popolari, ha
segnato, al contempo, l’avvio di una fase totalmente nuova della vicenda
politica italiana, nella quale, alla maggioranza di risulta trasformistica del
governo M5S-Lega, non esistono più reali alternative consistenti, dato che,
tanto il PD che Forza Italia, stanno vivendo una condizione di progressivo
inevitabile sfaldamento. Situazione confermata dal voto alle amministrative di
ieri con la disaffezione elettorale che ha raggiunto il massimo livello ( oltre
il 65% degli elettori renitenti al voto).
Il vecchio tema del chi guida? non ha più
ragion d’essere in una realtà come quella dell’area cattolico popolare, nella
quale i diversi generali sono finiti vittime delle loro fallimentari divisioni
suicide; così come il tema con chi ci alleiamo? ha perso ogni senso, visto che,
tanto il centro-destra, che il centro-sinistra, non esistono più come riferimenti
credibili per l’alternativa.
Non a caso a Verona si sono ritrovati
insieme, tanto gli amici della DC che alle ultime elezioni politiche avevano
vissuto una profonda lacerazione solo in parte ricomposta, quanto esponenti,
come gli amici dei “Popolari per l’Italia” ( Mario Mauro), “Energie per
l’Italia” ( DomenicoMenorello) che il 4
Marzo scorso avevano seguito percorsi diversi e, soprattutto, l’amico Giorgio
Merlo, in rappresentanza de “ la rete bianca”: un movimento sorto dalla presa
di coscienza critica di amici popolari che hanno vissuto sino in fondo
l’esperienza per certi versi traumatica nel PD renziano. Anche Gianfranco
Rotondi, deputato democristiano di Forza Italia, assente a Verona per gli
impegni al ballottaggio del comune di Avellino, ha garantito la sua piena
adesione e la sottoscrizione del documento finale del convegno.
Grande merito va agli amici di “ Costruire
Insieme”, i quali hanno saputo mantenere aperti i collegamenti e tessere la
tela della ricomposizione, attraverso il tema unificante dell”unità possibile”,
assunto come denominatore comune tra tutti gli amici. I punti fondamentali di
consenso riscontrati nell’appuntamento scaligero, sono quelli indicati nel
documento finale sottoscrittoe
annunciati nelle conclusioni di Ivo Tarolli.
La sottolineatura autocritica è quella così indicata:
“Nella grande difficoltà a riconoscere, allo stato, la praticabilità di azioni
organizzate su scala nazionale, si devono almeno giudicare negativamente i
tratti propri dell’impegno dei popolari nella Seconda Repubblica, in cui è
prevalso uno sterile protagonismo individuale rispetto ad una tensione unitaria
e pluralista che sapesse reinterpretare, senza inutili e irrealistiche
nostalgie, quell’antico, nobile e mai superato progetto culturale, sociale,
economico politico, economico e etico dei “Liberi e Forti” di Sturzo e della
migliore tradizione politica dei cattolici democratici.” Il passaggio decisivo
è quello seguente:
“Il passo possibile appare, quindi, la promozione di una
piattaforma plurale, in direzione di una ’Unione per un Movimento Popolare
(UMP) nel quale possano coordinarsi, liberamente e senza predefinite gerarchie
organizzative, le diverse esperienze presenti in Italia che si rifanno ai
valori della sussidiarietà. Un soggetto politico ampio, plurale, laico,
democratico, popolare, europeista, trans nazionale, impegnato a tradurre nella
“città dell’uomo” gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, in
dialogo privilegiato con il PPE..
Un
progetto che esalti nel suo abbrivio gli ideali e i contenuti che uniscono
tante presenze rimaste isolate, disgregate o addirittura inespresse, assumendo
l’economia sociale di mercato e l’economia civile quali strumenti essenziali in
grado di porre a fondamento della politica la centralità della persona, della
famiglia, dell’impresa e dei corpi intermedi; l’alternativa alle logiche di certo turbo
capitalismo finanziario che, subordinando alla finanza l’economia reale, sta
distruggendo i ceti medi e le classi popolari, confinando la politica al ruolo
subordinato al servizio dei poteri dominanti e riducendo la stessa democrazia a
una formula vuota di significato.”
Sono
cinque gli obiettivi indicati da perseguire:
che il lavoro, la famiglia, la competitività dell’impresa,
divengano i temi prioritari e centrali del nostro impegno politico e sociale;
che l’obiettivo dell’unità possibile di tanti partiti,
associazioni, movimenti, liste civiche e persone volonterose, debba fondarsi su
un grande progetto culturale che coinvolga le persone, ancorate al territorio e
in grado di “orientare” la modernità;
che si debba dar vita a un coordinamento largo, aperto ad energie
fresche e giovanili che abbia come obiettivo la costituzione di un soggetto
politico nuovo, grande, plurale come su descritto (l’UMP italiano);
che si favoriscano incontri analoghi su tutto il territorio
nazionale, in modo da mettere a fuoco le misure da mettere in campo per dare
soluzione ai bisogni e alle attese degli italiani;
che siano attivati in ogni provincia, presidi territoriali in
grado di far rete ed essere esperienza di dialogo e partecipazione.
Ora non devono
più intervenire ostacoli, impegnando tutte le migliori energie a realizzare le
priorità indicate. La scadenza è fissata alle prossime elezioni europee per le
quali saremo tutti unitariamente impegnati a raccogliere dal 28 Novembre
prossimo, 30.000 firme in ciascuno delle cinque circoscrizioni in cui è
suddivisa l’Italia per la consultazione elettorale europea del 23-26 Maggio
2019
Tutti
noi popolari siamo chiamati adesso alla mobilitazione.
Ettore
Bonalberti
Venezia,
25 Giugno 2018
Seminario di Regione Veneto e AIKAL sulle agevolazioni fiscali in materia di mecenatismo
Postato da admin [24/11/2017 00:05]
Seminario di Regione Veneto e AIKAL sulle
agevolazioni fiscali in materia di mecenatismo nei distretticulturali del Veneto
Uncentinaio di persone provenienti da varie
parti del Veneto: sindaci, assessori alla cultura, rappresentanti di enti, associazioni
e movimenti culturali, hanno partecipato al seminario regionale organizzato
dalla Regione Veneto e da AIKAL (www.aikal.eu)
al Russott Hotel di Mestre, sul tema: Agevolazioni fiscali previste dalla legge
sul mecenatismo d’Impresa.
Ha
aperto i lavoril’assessore regionale
alla cultura, Cristiano Corazzari, presentando il progetto della Regione
Veneto nel settore della cultura e in particolare per i distretti culturali
esistenti sul territorio.
Il
Presidente di AIKAL, Ettore Bonalberti, presentando il progetto AIKAL per la
creazione di fondazioni di partecipazione nei distretti culturali
interessati/bili, ha sottolineato il valore di un’iniziativa che si propone di
favorire la promozionedegli abitanti
del territorioin
“ambasciatori
di Cultura” dei loro distretti. Un progetto reso oggi possibile grazie alle
agevolazioni fiscali assicurate dalla nuova legge sul mecenatismo cutlurale, il
cui contenuto e le cui diverse casistiche applicative sono indicate nella guida
edita da Metakom srl, socio AIKAL, per conto di Regione Veneto, avente per
oggetto: Arte&nuovo mecenatismo- L’Art Bonus e le altre agevolazioni
fiscali riservate alle Imprese e ai cittadini che investono in beni culturali e
nello spettacolo. Guida distribuita a tutti gli intervenuti.
Proprio
l’autrice di questa guida, dr.ssa Anna Maria Buzzi, dirigente generale del
Ministero dei Beni Ambientali, Culturali e del Turismo (MIBACT), ha lucidamente
spiegato le agevolazioni normative che prevedono sgravi fiscali per oltre 100
milioni di euro, a favore di PMI imprese, partite IVA, commercianti, artigiani,
e singoli cittadini che intendono farsi mecenati di progetti culturali dei loro
territori. Una disponibilità sin qui assai poco conosciuta e della quale sono
state presentate al Ministero, sino ad oggi, richieste per appena un decimo
delle disponibilità indicate.
AIKAL
ha, al riguardo, suggerito l’avvio nei distretti culturali interessati di
fondazioni di partecipazione della cui normativa e pratica realizzabilità ha
lucidamente esposto le caratteristiche, il dr Giovanni Diaz, commercialista
veneziano, revisore dei conti e docente. Uno dei massimi esperti veneti in
materia di fondazioni nel settore della cultura. Copia del suo interessante
intervento sarà reso disponibile dall’autore e da AIKAl a chi ne fosse
interessato.
Presentate
le normative legislative e lo strumento operativo della fondazione di
partecipazione, AIKAL ha presentato quattrotestimonianze e case studies di interesse territoriale.
Il prof
Pietro Fracanzani, componente del comitato scientifico di AIKAL,ha esposto il caso delle città murate venete
e il progetto di un festival del cortometraggio sullo scottante tema del
femminicidio.
La
prof.ssa Dina Maragno, del CTS AIKAL: il caso del distretto del fiume
PO-Eridano. Un progetto bottom-up, nato cioè dalla collaborazione di numerosi
esperti e tecnici polesani, che intendono proporre il grande fiume come
l’archetipo dell’oro blu e il ruolo che i fiumi del mondo hanno rappresentato e
continuano a rappresentare per la cultura.
Il
Dr Efrem Tassinato, socio fondatore AIKAL, ha presentato il caso del distretto
del Brenta: un fiume d’arte e di storia. Un progetto che, in quella specifica
striscia di terra tra Padova e Venezia, può offrire, accanto alle numerose
bellezze ambientali e architettoniche, una straordinaria offerta gastronomica
che richiede solo di essere messa in rete, consapevoli che “ da soli si va più
veloci, ma insieme si va più avanti”.
Infine
l’avv.Ugo Ticozzi e il prof Roberto Stevanato, in rappresentanza del comitato
per la promozione socio culturale di Mestre e il Centro studi storici di
Mestre, hanno presentato il progetto di una fondazione di partecipazione”
Mestre domani” su un’idea a cura dei due autori, sviluppata in collaborazione
con AIKAL e, in particolare, con il project leader, Mario Guadalupi.
E’
seguita una seconda parte del seminario nella quale il chair man Bonalberti, ha
guidato un’interessante tavola rotonda con i rappresentanti delle principali
categorie economiche della realtà veneta.
Sono
intervenuti: il Dr Gianangelo Bellati, direttore generale di Unioncamere del
Veneto, il quale ha elogiato AIKAL e Regione Veneto per questa iniziativa che
offre positive indicazioni per il rilancio del mecenatismo culturale. Un
rilancio che potrà esser sostenuto non solo dalle agevolazioni fiscali previste
dalla legge nazionale, ma anche da diversi progetti presentabili a valere sui
fondi europei.
Per
la Confcommercio del Veneto è intervenuto il Dr Eugenio Gattolin, per la
Confindustria, in rappresentanza del presidente Zoppas, il dr Italo Candoni, e
per la Confartigianato, il Dr Renato Grotto, responsabile dell’area mercato.
Tutti e tre gli esponenti di queste importanti categorie si
sono dichiarati molto soddisfatti delle indicazioni emerse dal seminario e
pronti a sostenere la promozione dei seminari che AIKAL intende sviluppare nei
distretti regionali interessati a partire da quelli di cui alle esperienze
odierne presentate.
Particolare
nota positiva l’informazione fornita da Confindustria, del risultati di un
‘indagine condotta sul mecenatismo dell’industria veneta, che ha potuto
rilevare la presenza di oltre 350 mecenati. Non solo grandi imprese, ma,
soprattutto, piccolee medie imprese
interessate a progetti di valorizzazione dei loro territori.
Ettore
Bonalberti, ringraziando tutti gli intervenuti, dopo le risposte ad alcune
domande formulate dai presenti ai relatori, ricordando ciò che i nostri
antenati hanno saputo fare in materia di mecenatismo; un lavoro costante nel
tempo che ci ha permesso di accumulare tesori d’arte, di bellezze ambientali,
architettoniche e del paesaggio tra le più belle del mondo, ha posto alle due
rappresentanti delle istituzioni presenti: la dr.. Bressani per Regione Veneto
e la dr.ssa Anna Maria Buzzi per il Ministero dei Beni culturali due richieste:
l’invio a tutti i commercialisti italianidella guida sulle agevolazioni fiscali,
colmando il divario informativo esistente tra operatori economici e opportunità
legislative, magari tramite anche l’organizzazione di un seminario ad hoc
proprio con l’ordine dei commercialisti nazionale e regionale
il sostegno ai seminari distrettuali delle
Regione che, con la collaborazione con le associazioni di categoria, AIKAL
svilupperà nei prossimi mesi. AIKAL si proporrà anche come organizzatrice di
uno sportello informativo aperto sui temi discussi.
E’
toccato a Mario Guadalupi, V.Presidente AIKAL, e project leader del progetto
dei distretti culturali, concludere i lavori citando, con le frasi di Roberto
Benigni, il valore delle eccellenze italiane in tutti i principali settori
della vita economica, scientifica ed artistica; un’eccellenza che spetta solo
ai nuovi mecenati saper vieppiù sviluppare con l’obiettivo di fare dei
cittadini veneti i primi ambasciatori di cultura nel mondo.
I nodi da sciogliere
Postato da admin [23/10/2017 19:19]
Non
era un risultato affatto scontato,
considerato che non c’è stato un dibattito antagonista proprio delle campagne
elettorali e referendarie. Se si esclude l’amico Dino Bertocco, “popolare” del
PD, che ha, quotidianamente, contestato motivazioni ed obiettivi del referendum
veneto, l’ampio schieramento politico culturale a favore del SI poteva indurre
gli elettori veneti a dare per scontato l’esito. Fortunatamente, anche se non
privo di rischi, nella nostra Regione era stato previsto il raggiungimento del
quorum oltre 50% più uno degli elettori votanti, quale condizione per la
validità dell’esito referendario.
Recatomi
al seggio alle 8 del mattino, non ero sicuro che avremmo raggiunto quel quorum
e, invece, i veneti hanno risposto alla grande, sfiorando quasi il 60% della
base elettorale e con un’adesione plebiscitaria alla richiesta di maggiore
autonomia. A questo risultato abbiamo concorso significativamente anche noi
Popolari e democratico cristiani che, coerenti con la nostra migliore cultura
autonomistica,sin dal Febbraio 2016 ci
eravamo schierati a sostegno di unamacroregione triveneta che assumesse la centralità e il valore aggiunto
di Venezia.
La nostra proposta non intendeva
e non intende ridurre il grado di autonomia conquistato dalle consorelle realtà
regionali friulane e trentino-altoatesine, ma, semmai, di aumentare quello ora
garantito al Veneto come regione a statuto ordinario. E lo facciamo indicando
in Venezia e nella migliore tradizione storico politica della Repubblica
Serenissima il punto di riferimento centrale della nostra proposta. Ieri i
veneti, come felicemente ha ricordato il Presidente Zaia, hanno risposto alla
grande dimostrando che: “ non bisogna voltare le spalle alla mamma” e che la
nostra mamma è l’autonomia, nel solco della migliore tradizione politica
ispirata ai valori della sussidiarietà.
Nessuna velleità scissionistica,
ma il riconoscimento di una specifica autonomia nel quadro di ciò che prevede
la nostra Costituzione repubblicana.
Che esista una questione
settentrionale, lo ha ben descritto l’amico Achille L. Colombo Clerici in un suo
recente saggio,che ripropone quanto da
lui esposto in una conferenza tenuta a Zurigo all’Istituto svizzero per i
rapporti culturali ed economicicon l’Italia
nel giugno 2008.
Il estrema sintesi Colombo
Clerici fa presente quanto segue:
Se la questione meridionale
italiana da quasi un secolo è al centro del dibattito storiografico e
politico nel nostro Paese, scarsa attenzione viene data alla questione lombarda
che si inserisce, più in generale, nella questione settentrionale, il cui
confine è tracciato dal perimetro delle cosiddette regioni a residuo fiscale
negativo: cioè di quelle regioni che allo Stato danno in tasse più di quanto
ricevono in servizi.
Si delinea un'area geografica
comprendente le regioni del Nord, un'area entro la quale si riscontra una certa
omogeneità storico cultural-sociale ed economica. Anche se dobbiamo dire che,
grazie a Milano, la Lombardia è la Regione che più assomiglia ad uno stato
autonomo, nel quale esiste in modo inequivocabile un vero riconoscibile polo di
potere socio-economico-amministrativo a reggerne la vita.La questione settentrionale potrebbe oggi, per grandi linee,
affacciarsi nei termini problematici del compito e della responsabilità,
maturati sul piano storico, delle Regioni del Nord di tenere agganciato il
Paese al mondo internazionale.
Mentre le risorse per consentire
questo compito non sono per niente definite.Anzi, non
se ne parla nemmeno.L’ assistenzialismo
centralistico verso le regioni del Sud ha dato luogo a ingenti trasferimenti
finanziari alle famiglie senza la contestuale creazione di nuovi posti di
lavoro. Si è in tal modo sviluppato un modello di società dei consumi senza una
corrispondente produzione. Lo Stato Italiano
ha sottratto ingenti risorse finanziarie agli investimenti in infrastrutture di
servizio, tanto al Nord, quanto al Sud; dove peraltro gli investimenti
realizzati non hanno dato i risultati ipotizzati.
La soluzione? Alcuni sostengono
un’idea più avanzata sul piano del “federalismo”, soprattutto in campo fiscale;
altri più sfumatamente parlano di “regionalismo”, in aderenza sostanzialmente
all’idea di una maggiore autonomia dell’ente locale. Ma poi inevitabilmente
nelle risposte degli uni e degli altri emergono tutte le tematiche del
dibattito generale: dai principi di interdipendenza, di sussidiarietà, di
solidarietà, al policentrismo ed al cosmopolitismo. Il tutto inquadrato in un
sistema che sia in grado di conciliare le esigenze di
autogoverno–partecipazione locale, con la salvaguardia del principio di
unità-solidarietà nazionale.
Questi sono i nodi che, dopo la
conferma plebiscitaria alla richiesta di autonomia veneta, il consiglio
regionale del Veneto dovrà tentare di sciogliere. Zaia ha garantito che, già da
oggi, la Giunta adotterà un disegno di legge da portare all’approvazione del
consiglio regionale; una piattaforma per il confronto con il governo di Roma
per dare pratica attuazione all’autonomia veneta che guarda a quella garantita
alle Regioni confinanti del Friuli V.Giulia e del Trentino AA.AA.
Ci auguriamo che il governo
Gentiloni non sia sordo e ondivago come lo è stato il PD, suo principale
sostenitore, in questa vicenda referendaria. Se, come è assai prevedibile, la
nostra proposta non potrà essere discussa in questa fase terminale di
un’equivoca legislatura, sarà il prossimo governo a dover sciogliere i nodi
aperti con la locomotiva italiana lombardo-veneta, riscoprendo l’opportunità di
un nuovo assetto finalmente federale del Paese, con cinque o sei
macroregionie una guida autorevole e
forte centrale, come il compianto prof Miglio, profeta inascoltato,
autorevolmente auspicava.
Ettore Bonalberti
Venezia, 23 Ottobre 2017
I popolari veneti a sostegno del referendum del 23 ottobre
Postato da admin [02/10/2017 19:23]
Alla fine
del 2015, con molti autorevoli amici veneti, avevamo condiviso l’idea della
macroregione del Nord-Est, convinti che: :
“esiste, ed è costituzionalmente
previsto, un meccanismo, mai esplorato, per arrivare alla macroregione
“speciale” triveneta, con Trentino e Friuli Venezia Giulia, omogenee per
cultura, storia, caratteristiche economiche e tessuto sociale, a costo “zero”
per lo Stato.
Attraverso, cioè,
l’applicazione dell’art. 132, comma 1, della Costituzione, ovvero promuovendo
la richiesta di fusione delle tre regioni venete da parte di tanti consigli
comunali quanti rappresentino 1/3 della popolazione complessiva (circa metà del
Veneto), si determinerebbe la convocazione di un referendum, che, se avesse esito positivo obbligherebbe le camere a
discutere una legge costituzionale di accorpamento del Triveneto.
Fondere due regioni speciali e
una ordinaria comporterà necessariamente la creazione di una macroregione speciale, in cui vi sarà
una diversa modulazione, anche mantenendole invariate, delle attuali risorse dello Stato per il medesimo territorio, altresì
potendo l’itero triveneto beneficiare della autonomia fiscale ora riconosciuta
solo a TTAA e FVA.
Inoltre, sul piano strategico una macroregione del
nordest, cuore e crocevia degli assi nord/sud ed est/ovest dell’Europa, appare
uno straordinario strumento di attrazione di investimenti, nonché di interlocuzione
autorevole con le istituzioni italiane ed europee a immediato beneficio della crescita dell’intero territorio.
La proposta potrebbe nascere da alcuni Sindaci di importanti città
venete, sotto l’egida di autorevoli riferimenti veneti nel mondo del diritto,
delle professioni, dell’economia, della cultura, dell’editoria.”
Quella nostra
indicazione, ahimè, non fu raccolta dalle forze politiche presenti nel
Consiglio regionale del Veneto e cadde tra i “ wishful thinkings” (pensieri
vaghi) impotenti e insoddisfatti. Peccato, perché sarebbero bastati i
pronunciamenti dei consigli comunali dei sette comuni capoluoghi del Veneto per
far scattare quel referendum.
La Lega e il
Presidente Zaia, con la maggioranza del consiglio regionale veneto, hanno
deciso diversamente, proponendo la strada di un referendum consultivo per la
cui indizione si è avuta via libera dalla Corte Costituzionale.
Comprensibili le
opposizioni di chi considera questa consultazione senza effetti concreti sul
piano istituzionale; tuttavia, dopo che altre due richieste avanzate negli
ultimi vent’anni erano state ignorate, ritengo che non dobbiamo farci sfuggire
l’occasione per gridare alto e forte la nostra volontà di acquisire una più
ampia autonomia del tutto simile a quelle di cui godono i nostri fratelli del
triveneto: friulani, trentinie
alto-atesini .
Una forte partecipazione
al voto del 22 Ottobre e un prevedibile voto plebiscitario a sostegno di una
maggiore autonomia della nostra Regione, saranno la precondizione politica per
aprire un confronto con il governo centrale non più rinviabile.
50 miliardi di fondi
versati da Lombardia e Veneto al governo centrale, sottratti dall’imposizione
fiscale dei lombardo-veneti sono una cifra enorme non più sostenibile.
Non ci sottraiamo ai
doveri della solidarietà a favore delle regioni italiane meno fortunate, ma non
possono più accettare gli sprechi e il malgoverno di realtà istituzionali come
quelle che reggono la sanità campana o laziale e lo sfregio a ogni logica
elementare di buona amministrazione cui è stata condotta la Regione Sicilia.
Da molto tempo
sosteniamo, con l’insegnamento del compianto prof. Miglio, l’idea di un’Italia
federale organizzata sulla base di cinque o sei macroregioni, ma, ahimè, sin
qui le nostre sono state inutili “grida nel deserto”, in un Paese centralista
che non si rende conto, così com’è attualmente organizzato, di essere destinato
al fallimento.
Ecco perché ci
associamo all’invito del governatore Zaia e facciamo appello a tutti i
democratici cristiani e popolari veneti affinché si rechino al voto domenica 22
ottobre, a sostegno di quell’autonomia regionale che èparte essenziale della nostra migliore
tradizione e cultura politica.
Ettore Bonalberti
Venezia, 2 Ottobre
2017
IN 50 ANNI 884 MILIARDI DI EURO DI MERCI ESPORTATI DAL VENETO IN UNIONE EUROPEA
Postato da admin [27/03/2017 19:50]
(Giuseppe PACE). PADOVA. A 60
anni di appartenenza dell’Italia e del suo Veneto all’Unione europea, credo sia
utile informare anche di alcune macroscopiche differenze economiche e sociali
interne all’Europa delle Regioni più che delle nazioni. La frequente reazione nel
territorio della Regione Veneto alla ipertassazione “romana” con la minaccia
d’indipendenza dall’Italia, trova giustificazioni in un’economia che spesso
tira bene. A 60 anni di Unione europea, il Veneto registra un export di 884
miliardi di euro nei 50 anni di adesione alla sovranazione dell’U. e.. A tanto
ammonta, secondo le stime del Centro Studi Unioncamere Veneto, il valore
attualizzato e cumulato delle esportazioni di beni e prodotti del Veneto in
Europa dall'entrata in vigore dell'unione doganale tra i Paesi della CEE (1
luglio 1968) ad oggi. Si tratta di circa sei volte il Pil regionale e di circa
il 60% del Pil italiano attuali. I dati sono stati diffusi in occasione del
convegno “L’Europa 60 anni dopo: quali vantaggi per le nostre imprese? L’esperienza
del Veneto e del Lussemburgo”, organizzato a Treviso da Unioncamere Veneto e
Camera di Commercio di Treviso-Belluno per celebrare il compleanno dell’Europa
comunitaria che il 25 marzo 2017 festeggia 60 anni. L’occasione è servita anche
per capire cosa è stato fatto dall’Unione europea e come il Veneto s’inserisca
nel contesto comunitario. Un focus è stato dedicato ai rapporti con il
Lussemburgo, rappresentato nel trevigiano da Pierre Gramegna, ministro delle
Finanze del Granducato. Gli 884 miliardi di euro esportati dal Veneto in Europa
in 50 anni rappresentano il 62% delle vendite all’estero della regione (1.417
miliardi di euro) con un saldo di 177 miliardi di euro, che ha consentito
all'economia del Veneto di uscire dalla situazione di arretratezza in cui si
trovava alla fine degli anni '60 e di affermarsi come locomotiva economica del
Paese. La
Questione Meridionale non piagnona (fu C. Maranelli, prof. a Campobasso a
distinguerla da quella piagnona, oggi tanto di moda anche con il libro
bestseller “Terroni”) è diversa dalla meno nota Questione Settentrionale, che
ha molte sfaccettature, quasi tutte basate sul ribellismo fiscale. Il Veneto,
ad esempio, lamenta che dei 20 miliardi di tasse pagate allo Stato ogni anno,
nulla torna indietro. Ecco perché L. Zaia, il Governatore del Veneto, propone
un referendum per l’Indipendenza del Veneto dall’Italia.La Questione Settentrionale, a
differenza di quella Meridionale, va sostenendo tramite la Lega Nord soprattutto,
ma anche il PD (settentrionale soltanto) lo dice, che: sono troppe le tasse al
Nord. Tale eccesso di tasse è causato anche da un Sud che non decolla. In
realtà al Sud pare che stia decollando solo l’assistenzialismo e il
meridionalismo “piagnone”: tutte le colpe dei ritardi meridionali sono stati
causati dai settentrionali, ad iniziare dal 1861. Intanto alla TV1, Giretti, di
Domenica pomeriggio, intervista il rappresentante dei Neoborbonici. Questi,
continua imperterrito con il meridionalismo piagnone, a dire che il Sud prima
dei Savoia era ricco e le banche avevano molti più soldi del Nord, ma non
precisa che erano soldi dei nobili feudatari rimasti paternalisti e affamatori
di un popolo che era indicente molto più di quello del nord, dove i nobili non
praticavano più la mezzadria ed erano divenuti imprenditori agricoli ed
industriali, producendo ricchezza per tutti. Sarebbe da rileggere Carlo Maranelli
ad iniziare dal suo libro edito dalla casa editrice, La Terza: ”La Questione Meridionale”. Il Veneto sta chiedendo un
referendum per l’Indipendenza dall’Italia a soli 151 anni di appartenenza.
«Senza Europa e senza mercato unico europeo probabilmente il Veneto non avrebbe
mai raggiunto l'attuale status di seconda regione italiana, dopo la Lombardia,
per apertura commerciale e propensione all'export – ha sottolineato Gian Angelo
Bellati, segretario generale di Unioncamere Veneto –. Ciò non toglie che
esistano delle criticità perché, senza coordinamento, la direttiva per la
libera circolazione dei servizi e l’assenza di omogeneità per i residui fiscali
provocano concorrenza sleale, che rappresenta una delle principali
problematiche assieme a una politica commerciale di eccessiva libertà e,
soprattutto, di poca difesa da pratiche scorrette per le nostre piccole medie
imprese». Altro che imprese assistite del Mezzogiorno nostrano. «In questo
momento è richiesto un rinnovato slancio unitario, una forte volontà politica
per affrontare sfide determinanti per i cittadini e per le imprese volto alla
crescita economica e in grado di assicurare azioni efficienti ed immediate.
Grazie all’Unione Europea c’è particolarmente attenzione alle regioni, al loro
sviluppo e al contributo che danno al raggiungimento dei target nazionali –
afferma Mario Pozza presidente della Camera di commercio di Treviso–Belluno -.
Nel periodo 2014-2020 l’Italia riceverà complessivamente circa 32,2 miliardi di
euro provenienti dai fondi della politica di coesione, dei quali 7,6 miliardi
di euro sono destinati a progetti in regioni più sviluppate (tra le quali si
conta il Veneto), e 567,5 milioni di euro sono destinati all’iniziativa a
favore dell’occupazione giovanile. Anche la Banca Europea di Investimento è
particolarmente attiva: gli investimenti complessivi della Banca in Italia nel
quinquennio 2011-2015 hanno superato i 47,3 miliardi di euro». L’Unione Europea
risulta la più ampia economia del mondo, il massimo esportatore e importatore,
il principale agente e destinatario per gli investimenti esteri e il più largo
donatore di aiuti umanitari. Con appena il 7% della popolazione mondiale, raggiunge
oltre il 25% del Pil del globo col 15% delle esportazioni e il 14,8% delle
importazioni mondiali. Il 62% degli scambi commerciali avvengono tra Paesi
dell’Unione Europea, un mercato unico in cui le persone possono muoversi,
studiare, lavorare mentre merci, servizi, denaro e capitali circolano come
all’interno di un singolo Paese. Questo è particolarmente vantaggioso in tempi
di recessione, consentendo ai Paesi Membri di continuare a commerciare tra
loro, piuttosto di ricorrere a misure protezionistiche che peggiorerebbero la
propria condizione. I 21 milioni di imprese, piccole e medie, includono il 99%
delle imprese totali, il 67% dei posti di lavoro e l’85% di tutti i nuovi posti
creati. Fa meditare la buonapagella di produttività veneta, nonostante la
grave crisi in atto, che, per alcuni versi, in Veneto, è più grave che altrove
poiché non si era più abituati da alcuni decenni di benessere diffuso con il
capitalismo familiare dei capannoni industriali al posto di antiche case di
campagna e di piccole botteghe artigiane. Si era giunti, prima del 2008, a 1
imprenditore per ogni 7 abitanti a Padova e 5 a Treviso, record europei
Il Veneto deve dotarsi di una legge per obbligare le palestre sportive ad avere Dott in Scien Motor.
Postato da admin [21/03/2017 19:01]
(Luigi Pace. Università di Verona). Da tempo vado sostenendo che le società
delle palestre sportive, in crescita dappertutto ed in Veneto in particolare,
devono avere obbligatoriamente- non
facoltativamente come ora- un laureato in Scienze Motorie. Solo così si
promuove una crescita della qualità della pratica sportiva, non più basata solo
sull’improvvisazione di tizio e di caio che aprono palestre senza alcun titolo.
Né va bene che alcuni accreditano fittizi certificati di valore, non legale, a
tizio e a caio che hanno praticato qualche sporadico sport. La laurea in
Scienze Motorie è utile alla crescita della qualità sportiva della moderna
società, che dà di più attenzione alla salute con il mantenimento del peso
forma con l’uso, sempre più in aumento, di palestre sportive e centri di
benessere. I principali sbocchi occupazionali previsti dal Corso di Laurea sono
individuabili in: insegnamento nella scuola, attività formative e ricreative
che richiedano l’intervento di educatori; interventi su soggetti disabili o con
deficit funzionali, in équipe con personale medico-sanitario presso centri di
assistenza, case di cura, case di riposo o nell'ambito dell'assistenza
domiciliare; dell'attività sportiva promozionale, amatoriale e agonistica presso
club, associazioni e società sportive; organizzazione e gestione delle
strutture sportive. La Regione Veneto riconosce il valore dello sport quale
strumento di formazione della persona, di socializzazione, di benessere
individuale e collettivo, di miglioramento degli stili di vita, favorendo la
pratica delle attività motorie sportivo-ricreative e promuovendone lo sviluppo
da parte di tutti i cittadini. Dopo la laurea triennale in Scienze Motorie si
può frequentare un biennio di laurea Magistrale. Tali bienni consentono poi di
abilitarsi per ‘insegnamento scolastico. Lo scrivente ha frequentato le Università
di Padova per Scienze Motorie e Verona per “Scienze e Tecniche dello Sport”. Nel
mio recente saggio”Sport e Benessere, edito con leolibri.it, ho già scritto del
problema di migliorare la qualità sportiva nelle palestre. Mi preme informare
che sul territorio della Regione Veneto, ed anche sui territori delle altre 19
regioni italiane, una palestra sportiva può essere aperta da chiunque, senza
che ci sia un responsabile di qualità come un dottore in Scienze Motorie. La
Regione e lo Stato paiono solo preoccupati al rispetto delle norme igieniche
per il pubblico che le frequenta, come se fossero spettatori passivi di un
fantomatico spettacolo sportivo. Ecco alcune preoccupazioni: “Palestre e centri
fitness ad esercizio fisico di medio alta intensità. Requisiti minimi richiesti
per palestre e centri fitness ad esercizio fisico di medio - alta intensità.
Caratteristiche e ubicazione delle strutture, servizi di supporto per gli
utenti, caratteristiche tecniche dei locali. Tali strutture di norma devono
essere ubicate fuori terra o in ambienti considerati "fuori terra". È
consentito, purché situati in contesti consolidati e urbanizzati, applicabili
solo per locali al primo livello seminterrati e/o interrati, previo ottenimento
della deroga dal servizio Spisal e la valutazione del radon. Le caratteristiche
generali sono: altezza utile interna dei locali dove viene svolta attività m
3.00 , nei locali ad uso accessorio (spogliatoio, servizi igienici ecc.)
altezza minima m 2.40; per il calcolo della superficie minima dello spazio per
l'attività, in termini di sala attività, docce, servizi igienici (almeno 2) e
spogliatoi; almeno un servizio igienico per disabili, purché fruibile da spazi
comuni; un locale o adeguato spazio di primo soccorso; nel caso di attività
collocate in condominio dovrà essere prodotta certificazione a firma del
tecnico che attesti la realizzazione di tutti gli accorgimenti necessari
affinché l'attività non arrechi disturbi a terzi; inoltre l'attività è soggetta
alla valutazione dell'impatto acustico ai sensi dell'art. 8 della legge 447/95;
aerazione naturale, ove possibile, preferibilmente pari a 1/20 della superficie
in pianta, in alternativa potranno essere prescritti sistemi integrativi e/o
sostitutivi dell'aerazione naturale. Solo artificiale rispondente ai requisiti
delle Norme UNI 10339 e UNI 13779. Tali impianti devono essere soggetti ai
protocolli tecnici di manutenzione; preferibilmente illuminazione naturale, ove
possibile, di almeno 1/10 della superficie in pianta, in alternativa
artificiale. Nulla dunque sul requisito di qualità sportiva durante gli
allenamenti. Nulla ancora dal legislatore nazionale e regionale in merito a
tale urgente necessità del mondo della pratica sportiva. Se per aprire una
Farmacia serve il titolare con la laurea in Farmacia, analogamente deve essere
per una polisportiva. Le diffuse palestre, purtroppo, vengono aperte anche da
persone con la ignoranza marcata di teoria sportiva, forse qualcuno ha solo
praticato da giovane qualche sport, spesso sono titolari di bassa cultura anche
scolastica a cui interessa solo il bilancio societario e, magari, riuscire ad
aggirare il fisco chiamando cooperative di soci quelle che sono vere e proprie
società di affari. L’Aics, Il Coni, la Fgic, ecc. pur di promuovere lo sport
hanno sottostimato che il fenomeno sportivo necessità di qualità anche dove non
è previsto l’agonismo, ma solo la cura del corpo come spesso succede nelle
palestre sportive, delle quali c’è un vero boom. Se Roma non legifera, forse
per insensibilità politica oppure per interessi della “Casta nel Palazzo”
(anche sportivo come Coni nazionale e regionale) obbligando le Società sportive
ad avere un responsabile laureato in Scienze Motorie, lo faccia la Regione
Veneto, che si vanta di essere all’avanguardia, deve dimostrarlo anche per lo
sport!
Tassa di scopo sui veneti per la pedemontana
Postato da admin [13/03/2017 21:13]
Pubblichiamo la nota allegata del prof Giuseppe Pace sul
tema in oggetto con questo incipit:tassa di scopo sui veneti per la pedemontana
Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha annunciato la
soluzione per il completamento della pedemontana veneta: introdurre una tassa
di scopo a carico dei soliti cittadini veneti onesti che pagano le tasse. Un
aumento dell'IRPEF che andrebbe ad aggiungersi al già insopportabile carico
fiscale dei contribuenti della nostra regione.
Apriamo su questo tema un dibattito con un articolo
redatto dal prof Giuseppe Pace di Padova, segretario provinciale del Partito
Pensionati.
Giuseppe Pace (Segretario
Prov.le Partito Pensionati Padova).
Luca Zaia, da una parte
promuove l’Indipendenza del Veneto, e, dall’altra, tartassa i veneti senza
pietismi. In Veneto la tassazione del ceto medio è eccessiva e a sottolinearlo
sono soprattutto gli stessi leghisti, che oggi vogliono l’indipendenza...potrebbe
essere da Zaia però! Un altro punto dolente, dello Zaia pensiero, è che a
gestire i pedaggi sia la stessa Regione che paga l’opera pedemontana. Insomma
si va verso un’ economia statalista, alla Veneta e non più verso la libera
concorrenza che produce qualità e non burocrazia. La necessità di realizzare un asse che congiungesse le città sorte ai piedi
delle Prealpi venete è sorta fin dagli anni settanta quando lo sviluppo industriale dell'area pedemontana ha manifestato una
crescente richiesta di mobilità. Negli anni Novanta la situazione è diventata critica a causa della progressiva urbanizzazione
della campagna veneta e dell'aumento del traffico sull'autostrada
Serenissima. Con l'allargamento dell'Unione europea e l'apertura delle frontiere ad est a metà degli anni 2000 la
situazione è peggiorata, basti considerare che dal 2004 al 2008 il traffico
pesante sulla Serenissima è aumentato del 105% (più che raddoppiato). Con l'attuale congiuntura
economica (2009-2015), si registra una diminuzione dei traffico del 5-10%.
Nonostante il calo, il Governatore del Veneto decide di fare a spese della
Regione l’opera, che i Verdi, i 5Stelle e parte del PD non vuole. La superstrada in questione dovrà essere
un'opera che collegherà Montecchio M. a Spresiano passando per il distretto
industriale di Thiene-Schio, per Bassano del G. e a nord di Treviso
interconnettendosi a 3 autostrade (A4, A31 e A27). Sarà lunga 94,747 km
(compresi 4,6 km dellaSR 246 e sarà
l'unica superstrada italiana soggetta a pedaggio, che Zaia vuol far pagare
poco, a gestione regionale e con tassa Irpef a quasi tuti i cittadini del
Veneto. La Pedemontana “alla Zaia”, fa ridere non pochi
cittadini del Veneto ed in particolare i vetusti pensionati, quando il Governatore
dice che chi percepisce fino a circa 1500 euro non pagherà, mentre quelli di
1600 euro pagheranno solo 3 euro a mese. Ma Zaia non dice perquati anni pagheranno i 3 euro i tartassati e
si guarda bene dal precisare anche che sono lordi i valori che dice: con
astuzia politichese, deve averlo imparato bene dalla Casta, precisata da G. Stella e che i cittadini rinnegano, veneti
compresi. Il supervotato Governatore Veneto dovrebbe anche dire, per onestà
d’operare in politica, che bisogna togliere circa 500 euro di tasse mensili sulle
pensioni e sulle buste paga per introdurre la sua addizionale Irpef, dunque
verranno tassati anche i lavoratori e pensionati da meno di 1000 euro al mese,
mancava poco che tassasse anche i sottoccupati. Sempre con la spocchia dell’efficientismo
del primo della classe, il leghista Zaia, afferma: «No a nuove imposte». «La
strada serve a Treviso e Vicenza, ma costerà a tutti» I mass media locali
informano: “Nuove
tasse ai veneti per completare la Pedemontana. Lo ha annunciato il governatore
Luca Zaia al consiglio regionale, che dovrà approvare l’introduzione
dell’addizionale Irpef. Sui social network i cittadini bocciano la decisione
dell’esponente leghista e criticano la nuova tassa regionale. Luca Zucconi
ricorda che oltre alla Pedemontana stiamo già pagando anche il passante di
Mestre; Silvia Benedetti paragona la superstrada al Mose e scrive che «forse a
Zaia sono sfuggiti i 9600 chilometri di strade in Veneto»; secondo @Rasando79
la Pedemontana è utile «ma perchè dobbiamo pagarla noi?». Ancora più duro Paolo
Marcon che si chiede, oltre ai cantieri, quante altre volte i cittadini
dovranno pagare lo stipendio di Zaia; Cristian manda le sue critiche
direttamente al presidente della Regione: «Egr. @zaiapresidente leggo della nuova
addizionale Irpef per pagare la pedemontana. Ora ci tassa, poi pagheremo il
pedaggio? È da vergognarsi». Anche per Antonella Bedin «è una vergogna chiedere
sempre ai soliti. E intanto chi evade non paga niente». Sulla stessa linea, ma
con molto sarcasmo Juri De Luca: «Avevamo le tasse troppo basse, meglio alzare
l’Irpef per la Pedemontana». @mauri64za tocca un altro punto critico: «la
Pedemontana attraversa le province di Treviso e Vicenza, che la paghino solo
loro!». Pilade tagga invece il profilo di Salvini e sentenzia: «Se Zaia mette
l’addizionale Irpef in Veneto avete chiuso». Michele Maran incolpa la Regione
di aver sbagliato i conti «e a pagare siamo noi. Per principio non la
percorrerò mai, se la finiranno...» e il consigliere Pd di Mestre Giorgio Boato
si chiede «Pedemontana? Si usino queste entrate per la sanità del Veneto, che
ne ha bisogno davvero!». Boato è sensibile al verde, non da oggi, ma l’accordo
per il completamento, sembra essere categorico e indiscutibile per Zaia, forte
del consenso regionale avuto. Zaia annuncia: «Dovremo introdurre l’addizionale
Irpef». Dunque
era vero, come scrisse il Corriere del Veneto il 19 gennaio scorso, che
è stata trovata una soluzione per introdurre sbloccare la Pedemontana e che
Cassa Depositi e Prestiti, dopo una lunga e faticosa trattativa, ha infine
acconsentito a garantire il bond indispensabile per chiudere i cantieri che da
Montecchio si allungano fino a Spresiano. Dopo mesi di lavoro matto,
disperatissimo e segretissimo del board tecnico capitanato dal segretario della
Programmazione Ilaria Bramezza e dall’avvocato dello Stato Marco Corsini, lo ha
svelato martedì il governatore Luca Zaia, approdato a sorpresa in consiglio
regionale: dopo 8 anni - era il 2009 quando fu abolita - tornerà l’addizionale
Irpef, che servirà a ripagare il mutuo che la Regione dovrà accendere, con una
rata annua da 16,5 milioni, per concedere ai costruttori del Consorzio Sis un
contributo da 300 milioni di euro (che vanno ad aggiungersi ai 615 milioni già
sborsati dallo Stato per un’opera che complessivamente costerà 2,2 miliardi). Inoltre, spariranno le esenzioni per i
residenti, gli studenti e i pensionati, così da controbilanciare l’abbassamento
delle tariffe del 23% per le auto e del 16% per i tir e i camion (il nuovo
pedaggio sarà rispettivamente di 0,16 euro e 0,3 euro al chilometro) che si è
reso indispensabile per alzare le stime di traffico di Cdp e Bei fino a 27 mila
veicoli al giorno, per l’assunto per cui se costerà meno utilizzare la
superstrada, la utilizzeranno più persone.Era l’unico modo per far stare in piedi il Piano economico
finanziario dell’opera e procedere così con l’agognato closing bancario, vista
la crisi che stanno incontrando tutte le autostrade concepite in project
financing, dalla Pedemontana Lombarda alla BreBeMi passando per la Asti-Cuneo. Zaia, che in questi 8 anni si è sempre
fatto un vanto di «non mettere le mani nelle tasche dei veneti», rimarcando che
«il Veneto è l’unica Regione in Italia a non applicare l’addizionale Irpef», la
spiega così: «L’alternativa alla “tassa di scopo”, perché di questo in effetti
si tratta, era non fare la Pedemontana e avvitarsi in una serie infinita di
contenziosi milionari. Si doveva trovare una soluzione e l’abbiamo trovata, con
senso di responsabilità». L’exit strategy, che ha già avuto il placet degli
altri attori coinvolti (la lista è lunga, si va da Palazzo Chigi ai ministeri
delle Infrastrutture e dell’Economia, passando per Cdp, Bei, Anac e Corte dei
conti) attende ora il decisivo via libera del Consiglio, chiamato ad approvare
in tempi brevi la modifica al Documento di economia e finanza 2017-2019 e
l’accensione del mutuo con Cdp, con conseguente reintroduzione dell’addizionale
Irpef che, assicura il governatore, sarà «temporanea, prudenziale e modificabile».
Nel frattempo, però,quella
è: aliquota base all’1,23%, senza maggiorazioni fino a 28mila euro e un più
1,6% fino a 55mila euro, 2% fino a 75mila euro, 2,1% oltre 75mila euro (con
aliquota agevolata allo 0,9% per i disabili o i soggetti con a carico un disabile
e un reddito non superiore a 45 mila euro). Tradotto, per finire la Pedemontana
i veneti dovranno sborsare dal primo gennaio 2018 un contributo mensile da 3 a
78 euro. «La nostra imposizione resta comunque tra le più basse in Italia -
precisa Zaia - e con l’addizionale modulata in questo modo saranno coinvolti
solo 622 mila veneti». Che, in buona sostanza, pagheranno la Pedemontana due
volte: con l’addizionale e col pedaggio. A questo punto si dirà: ma Sis ci
rimetterà pur qualcosa, o no? La risposta è 6,7 miliardi perché l’intesa chiusa
con la Regione prevede che sia quest’ultima a incassare i pedaggi, e non più il
consorzio di costruzione, che riceverà soltanto il canone di disponibilità. In
sintesi: ieri Sis incassava i pedaggi più un canone di 29 milioni l’anno per 15
anni (totale per 39 anni di concessione: 18,8 miliardi); domani incasserà solo
il canone, alzato a 153 milioni l’anno, per un totale di 12,1 miliardi in 39
anni, a fronte di incassi da pedaggio che la Regione stima in 13,2 miliardi (Palazzo
Balbi conta quindi di guadagnare a fine operazione un miliardo). Ovviamente viene a caderela
celeberrima «clausola di garanzia» prevista a carico della Regione in caso di
traffico scarso, che secondo i tecnici avrebbe potuto portare in 39 anni ad un
salasso da 9,5 miliardi: «In buona sostanza, la Regione sarebbe andata in
default. Col canone, invece, sappiamo sin d’ora quanto pagheremo ogni anno». E
su quello si farà leva anche per applicare eventuali penali nel caso in cui il
costruttore non garantisca adeguati standard di qualità (tradotto: buche e
malanni vari). «Resta il fatto - conclude Zaia - che un’opera di questa entità
non si sarebbe mai potuto realizzare soltanto con capitale pubblico». Sis avrà
8 mesi dal via libera del consiglio per ottenere il closing bancario (viceversa
ci sarà la rescissione del contratto) e Cdp ha già promesso che sottoscriverà
una quota del bond di Jp Morgan, che per effetto del nuovo accordo scende da
1,6 a 1,15 miliardi. La fine dei cantieri è (ri)aggiornata al 2020”. In Regione
se la Lega impone anche a F.I. l’accordo
folle, significa che il 50% del consenso elettorali la volta prossima, alle elezioni
regionali, li prenderà, meritatamente, i 5Stelle. Anche noi del Partito Pensionati-presenti
alla scorsa tornata elettorale insieme al Fare di Tosi- possiamo sperare di
avere consensi non più a una cifra ma a 2 cifre se ci battiamo per ridurre le
tasse e non aumentarle ai pensionati e agli altri, ancora in attività
lavorativa. Noi diciamo che se la Pedemontana si deve fare, la deve finanziare
il privato e non la regione oppure lo Stato, che certamente non si tirerà
indietro se non vuole l’indipendenza
del Veneto, che ebbe i suoi martiri con “sul ponte sventola bandiera bianca”
nell’epopea risorgimentale.
Le delusioni dei popolari del Veneto
Postato da admin [14/11/2016 16:44]
Crisi
al comune di Padova e reazione annunciata a Venezia della Lega contro il
sindaco Brugnaro che ha scelto il SI al referendum a favore di Renzi. Immediata la replica di Flavio Tosi, già
“leghista democristiano” e da noi popolari per questo sostenuto alle elezioni
regionali, convertitosi sulla strada di
Roma al verbo renziano, con la promessa o di una deroga al terzo mandato da
sindaco a Verona o di un posto sicuro nel prossimo parlamento.
Con
il manipolo dei suoi “transumanti” del trasformismo parlamentare, il sindaco di
Verona ha fatto la sua scelta di campo per la quale noi Popolari del Veneto non
potevamo che dissociarci, dopo che, proprio sulla scelta del NO al referendum
del 4 Dicembre, tanto a livello nazionale che a quello regionale, abbiamo
raggiunto l’unità di tutte le diverse frazioni della galassia ex DC.
Tosi,
dopo la crisi aperta al comune di Padova, ha reso all’Ansa la seguente
dichiarazione:
"L'atteggiamento di Salvini nell'ambito del centrodestra sta portando i
suoi effetti: rottura dei rapporti con gli alleati, incapacità di amministrare,
credo che Berlusconi si stia rendendo conto che una Forza Italia suddita della
Lega non va da nessuna parte". Così il sindaco di Verona e leader di
'Fare!', Flavio Tosi, analizza la crisi dell'amministrazione di Padova,
con la caduta della giunta Bitonci. "Berlusconi -
prosegue Tosi - non può lasciare la leadership del centrodestra ad un
demagogo, populista e arrogante, e in questo Bitonci è pari-pari il Salvini di
Padova. Ha fatto l'arrogante con la sua maggioranza, cosa che un sindaco non
può fare, perchè il capitano della squadra, non è il
dittatore". Tosi non crede poi alle minacce di 'rappresaglia'
politica in Regione Veneto fatte dal segretario del Carroccio, Da Re,
all'indirizzo di Forza Italia: "Da Re - dice - incarna in pieno il
populismo salviniano, di chi la spara più grossa. Ci sarà il contrordine,
perchè altrimenti cade anche Zaia".
Una nota che ben si addice
allo stesso Sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, per il quale noi Popolari
veneziani ci siamo fortemente spesi a sostegno della sua elezione, ma che, come
molti dei suoi elettori, dopo diversi mesi dal suo insediamento siamo
profondamente delusi del suo operato.
Quanto ad arroganza, Brugnaro,
credo non sia inferiore ad alcuno, come ben sperimentano i suoi assessori
costretti al silenzio forzato e alle continue minacce di sanzioni. Strana
figura quella di Brugnaro, che confonde il suo ruolo di Sindaco con quella di
Amministratore delegato della sua azienda, e il suo ruolo politico con quello
riconducibile alla sua “libertà personale”.
Nel primo caso è convinto di
poter trattare i suoi assessori e consiglieri comunali, così come la dirigenza
comunale, alla stregua dei suoi dipendenti aziendali; col bel risultato di
inimicarsi quelli e questi, rendendo nulla la sua comunicazione con la
cittadinanza, alla quale riserva l’esclusiva di tavoli di consultazione su
invito, ridotti a ripetitive e inutili passerelle per la sua auto promozione
referenziale senza contraddittorio.
Nel secondo, cosa assai più
grave per un aspirante leader nazionale, il nostro “ Berlusconi della laguna”,
ritiene senza alcun fondamento, di poter togliersi la responsabilità della sua
funzione amministrativa e politica, compiendo un gesto di sostegno a favore di
Renzi con il suo SI pronunciato alto e forte a nome “della sua libertà
personale”.
Se su un tema come quello
delle regole fondamentali che reggono la Repubblica, l’arch. Brugnaro ha tutta
la libertà di pensarla come meglio crede, come Sindaco di Venezia, capo di una
coalizione politico amministrativa di una delle città metropolitane più
importanti dell’Italia, la sua scelta non può non produrre effetti sul piano politico.
Non so cosa accadrà con la
Lega, con la quale noi Popolari veneti, pur nell’autonomia e distinzione delle
nostre scelte, abbiamo condiviso la stessa battaglia a sostegno del NO, ma
certo con noi che abbiamo sostenuto Brugnaro alle elezioni amministrative, il
periodo dell’attesa si è concluso.
Delusi sul piano delle mancate
risposte alle tante promesse fatte in campagna elettorale, sordo a ogni
sollecitazione che da diverse parti abbiamo rivolto alla sua amministrazione,
dopo la sua decisione politica di scelta a favore dell’area renziana, la nostra
fiducia nei suoi confronti si è definitivamente consumata.
Ripartiremo dall’unità
raggiunta dai Popolari veneziani e veneti per ilNO al referendum per costruire la Federazione
dei Popolari veneti e con essa concorrere con quanti, condividendo la stessa
scelta istituzionale, sono pronti a realizzare nuovi equilibri politici a
Venezia, come nel Veneto e a Roma, a difesa della sovranità popolare e per
garantire agli elettori il ruolo di cittadini e non di sudditi di improvvisati
leaderini locali senza cultura politica e diun leader nazionale catapultato al potere con metodi distinti e distanti
da quelli propri della nostra democrazia.
Ettore Bonalberti
Venezia, 14 Novembre 2016
E' maturato iltempo della Federazione dei Popolari veneti
Postato da admin [05/11/2016 16:15]
L’unità raggiunta a livello nazionale dai Popolari
nel comitato dei Popolari per il NO al referendum, dopo i molti tentativi
falliti nella ricerca di un’unità politico organizzativa per la ricomposizione dell’area
popolare, rappresenta la tappa più significativa di un processo destinato a
garantire l’offerta di una cultura politica quanto mai necessaria all’Italia.
Nella situazione di crisi istituzionale, politica,
culturale, economica e sociale in cui versa il Paese, dominato da un
trasformismo parlamentare senza precedenti ( 235 parlamentari traghettati da
una sponda all’altra degli schieramenti in meno di due anni!) con un Parlamento
votato con una legge elettorale non costituzionale, costituito da parlamentari
non scelti dai cittadini, che ha eletto, per disperazione e senza alternativa,
un presidente della repubblica in deroga all’art.85 della Costituzione e un
presidente del consiglio appoggiato da un’alleanza votata da nessuno, il cui
nome non era indicato in nessuna scheda elettorale, che aveva giurato di non
diventare mai presidente del consiglio senza passare dalle urne, o si ridà
spazio alle culture politiche che hanno contribuito a far grande l’Italia o ci si
riduce alla condizione di anomia propria di questa triste stagione politica.
La situazione è aggravata dalle decisioni assunte
da questo governo e da questo parlamento con la silente complicità dei due
presidenti della repubblica che si sono succeduti al Quirinale, con l’avvenuta
approvazione di una riforma della Costituzione “casualmente” assai simile al
progetto del Venerabile maestro della P2, Licio Gelli, in cui è creato un
senato di immuni non eletti da nessuno, un aumento delle firme necessarie ai
cittadini per fare leggi o referendum, un capo della maggioranza che controlla
anche la magistratura.
Un progetto di riforma che diminuisce l’autonomia
delle regioni virtuose come il Veneto, ma si lasciano i privilegi alle regioni
a statuto speciale come la Sicilia e che con il combinato disposto
dell’Italicum crea le condizioni per un regime nelle mani di pochi; un progetto
che tra poche settimane verrà sottoposta al giudizio degli elettori con una
scheda fuorviante dai quesiti imbroglioni.
Se sino ad oggi le incomprensibili divisioni
avevano impedito di trovare un punto di equilibrio e di condivisione tra le
diverse schegge in cui si era andata suddividendo la galassia ex DC e dei
popolari italiani, quando è apparso evidente il tentativo innescato dal
prevalere degli interessi dei poteri finanziari internazionali di sovvertire
con la rigidità della Carta costituzionale, la stessa realtà democratica che ci
ha permesso di convivere civilmente per settant’anni, è accaduto il miracolo
dell’unità dei Popolari per il NO al referendum di dicembre.
Proprio da lì intendiamo ripatire, in Italia come
nel Veneto, interessati a concorrere alla nascita di una Federazione veneta dei
Popolari che metta insieme le diverse esperienze che a livello istituzionale e
politico culturale sono presenti e vive nella nostra realtà regionale.
Lo faremo noi dell’associazione Liberi e Forti,
congli amici del Nuovo CDU, gli amici
dei Popolari per l’Italia, e di quanti vorranno concorrere con tutti noi a
ricostruire l’area dei popolari del Veneto.
Stella polare della nostra iniziativa: l’offerta
di una cultura politica ispirata ai valori della sussidiarietà e della
centralità della persona e dei corpi intermedi, traduzione nella “città
dell’uomo” dei principi della dottrina sociale cristiana, quanto mai
indispensabili in questa età del predominio di un turbo capitalismo finanziario
che pone la finanza a dettare i fini, subordinando ad essa l’economia e la politica,
con la volontà di distruggere le fondamenta stesse della democrazia, così come
l’abbiamo vissuta noi, prima generazione della Repubblica italiana.
Ettore Bonalberti
Venezia, 3 Novembre 2016
Rigenerazione urbana, Zona franca fiscale
Postato da admin [30/06/2016 21:38]
11.06.2016
"Rigenerazione urbana, Zona franca
fiscale" - QN Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione del 11 giugno
2016. - A. Colombo Clerici
Oltre il 22% delle abitazioni italiane è in stato di conservazione mediocre (
19,9 % ) o pessimo ( 2,2 % ) in conseguenza sia della vetusta', sia della
qualita' del manufatto edilizio e dei materiali impiegati ( esempio ne sono le
abitazioni realizzate nel Dopoguerra all'insegna della fretta e del risparmio
).
In molti casi, invece di ristrutturare, risulta più conveniente abbattere
e ricostruire. Le norme italiane, non solo non aiutano questo processo di
sostituzione, ma di fatto lo ostacolano.
Se ne è parlato in questi giorni in un convegno alla Camera dei Deputati a
Roma, nel quale Assoedilizia ha affermato che per far decollare il 'processo'
di rottamazione ( in termine tecnico sostituzione ) edilizia occorre che la
relativa area economica rappresenti una sorta di "zona franca"
fiscale; consistente in un 'pacchetto' di misure dalle quali scaturisca
un forte interesse economico che motivi ad interagire a tutti i livelli di
intervento, dal promotore, al costruttore, all' intermediario, all'investitore
finale.
E permetta ampi margini di convenienza per i condomini, il vero scoglio sulla
rotta del 'processo'.
Occorre puntare su una nuova produzione edilizia, non solo per la vendita, ma
anche per la locazione.
All'interno di questo pacchetto debbono trovare spazio:
-bonus volumetrici, cioè diritti edificatori premiali;
- abbattimenti di oneri di urbanizzazione e di contributi edificatori;
- esenzioni fiscali(sulla falsariga delle legge Tupini del dopoguerra) per i
redditi degli investitori finali, senza esclusioni di carattere soggettivo (
persone fisiche o societa'), oggettivo ( edilizia civile o di pregio ) ovvero
tipologico ( contratti di locazione liberi o agevolati );
- agevolazioni per le permute e per la monetizzazione del valore della casa;
- bonus ( detrazioni dirette di parte del costo di acquisto ) per gli
investitori a reddito.
L'intervento edilizio di rigenerazione urbana ( riqualificazione o sostituzione
degli immobili ) ha una duplice valenza. Produce in via diretta una attivita'
economica che incrementa il Pil; e rende le nostre citta' piu' competitive,
anche a livello internazionale, come motori di crescita. E permette anche
di conciliare la produttivita' edilizia con il risparmio di suolo.
7.06.2016
Il
recupero manifatturiero di Marghera (“free zone”- ZONA FRANCA )
Il consiglio comunale di Venezia, nella riunione del 16
giugno 2014 ha approvato la costituzione della newco che gestirà i 110 ettari
di Porto Marghera che Syndial (gruppo Eni) ha accettato di cedere.Si tratta di dare pratica attuazione a tale
deliberazione.
Da tempo i popolari veneziani hanno indicato
l’opportunità di realizzare nell’area di Marghera una “free zone”(zona franca) in base a quanto previsto dai regolamenti
comunitari.
Il
Codice doganale comunitario, infatti, è
stato istituito con Regolamento CE n. 450/2008, prevede che gli stati membri
possano destinare a zona franca talune parti del territorio nazionale, è stato
più volte rinviato nella sua applicazione; l’ultimo rinvio è stato approvato
con il Regolamento CE del 10 ottobre
2013 n. 952/2013, che rinvia l’applicazione della Sezione 3 riguardante
le Zone Franche alla data del 1 giugno 2016.
La “free zone” è un’area destinata alla
promozione del commercio, all’esportazione e all’apertura dell’economia
nazionale al mondo esterno. In essa sono ammesse attività industriali,
commerciali e dei servizi.
Poiché
la Zona Franca costituisce una delle manifestazioni dell’autonomia regionale e
la Costituzione italiana prevede queste forme di maggiore autonomia, atteso che
il Regolamento comunitario è equiparato, nella gerarchia delle fonti del
diritto italiano, alla legge nazionale, l’istituzione di una Zona Franca sul territorio
italiano non viola le disposizioni del Regolamento comunitario, che è in vigore
dal 10 ottobre 2013.
In tale zona franca intendiamo favorire un nuovo progetto, di natura non industriale, per dare
all’area uno sviluppo che consenta di impegnare le forze lavorative presenti
nella terraferma veneziana.
Questo non per eliminare le industrie che vi sono: il
cantiere navale della Fincantieri è un gioiello di cui la città deve essere
fiera ed anche le altre industrie presenti vanno tutelate, pur se inquinanti,
sapendo però che non sono loro il futuro.
Le aree di porto Marghera dovranno avere utilizzi
ecologicamente compatibili( PMI della green economy. artigianato di produzione
e di servizi, terziario avanzato)con l’essere in gronda lagunare, e quindi non
inquinanti, e questi utilizzi dovranno valorizzare le aree in termini
economicamente compatibili con l’assunzione da parte degli utilizzatori dei
costi di bonifica, posto che l’attuale situazione economica del Paese rende
poco probabile che questi costi vengano assunti totalmente dallo Stato. Un percorso che
sarebbe grandemente facilitato con la costituzione della zona franca.
Su questa
linea si è mosso il porto di Venezia, acquisendo molte aree da destinare ad una
portualità più commerciale che industriale, ma sono state proposte anche altre
destinazioni quali il terminal per le Grandi Navi da crociera, la city della
PA-TRE-VE, la città metropolitana tra Venezia Padova e Treviso e una
destinazione ad area di commercio internazionale, un grande fondaco per la
città di Venezia che è nata ed è diventata ricca come città di commercio del
mondo medioevale.
Se Porto Marghera non avrà in futuro una destinazione
industriale verrà a mancare nel nord est un’area industriale con accesso
diretto dal mare. Potrebbe essere ripreso il progetto di molti anni fa di
un’area industriale con queste caratteristiche da edificarsi nel basso Veneto (progetto
Venezia Sud) , in terreno alluvionale nel quale non vi sarebbero difficoltà
per lo scavo di canali portuali con profondità anche rilevante, canali che per
la circolazione delle acque potrebbero utilizzare l’acqua del Po.
Sarà anche da valutare se, in un’eventuale nuova
portualità del basso Veneto, possa essere collocato un porto commerciale, in
via di ipotesi meno costoso come edificazione dell’isola artificiale prevista
al largo di Venezia e meno oneroso come gestione, potendosi prevedere lo sbarco
diretto delle merci, in particolare container, senza il doppio passaggio nave /
isola e isola / terraferma.
L’idea progetto della “free
zone” riteniamo possa costituire una delle più importanti risposte al tema
dell’occupazione a Veneziae Mestre con
l’attivazione di una miriade di PMI defiscalizzate, inserite in un’area servita
dai migliori servizi in stretto collegamento con il polo tecnologico di VEGA e
tale da rappresentare un’autentica svolta all’ex zona industriale che ha visto
scendere gli occupati dagli oltre 30.000 degli anni passati agli attuali 10.000
addetti in continua decrescita.
In tale area, realizzata la mappa di tutti i vincoli in
essa esistenti e di cui va operata un’intelligente ragionevole semplificazione,
e adottate le norme anti burocrazia contenute nella legge Severino
31.12.2012,n.235, si potrebbero immediatamente realizzare:
il centro
direzionale dei servizi, autentica city, di Venezia –Mestre implementando
quanto significativamente VEGA con Condotte ha avviato con il progetto
EXPOVenice (padiglione Aquae per EXPO 2015) e sulla base della visione
strategica per il waterfront di Marghera, terminale privilegiato per l’economia
veneziana e veneta e per il traffico marittimo dell’Oriente verso i Paesi
dell’Est europeo;
il casinò del
divertimento su cui a più riprese diverse società internazionali hanno
dimostrato la volontà di investire;
il palais Lumière,
dopo il superamento dell’assurda querelle sulla realizzazione di tale opera,
con annessa università della moda, tenendo presente la riconfermata volontà
della famiglia Cardin di realizzare l’investimento
30.11.2015
Egregi signori facendo seguito al nostro incontro del 10 Novembre scorso, come concordato vi invio la proposta di legge per l'istituzione della free zone nell'area di Marghera. Essa é il risultato di un approfondito studio svolto dall'avv.Filippo Fasulo che ci legge in copia, componente del think tank VENETO PENSA che ho l'onore di coordinare. Trattasi di un lavoro che ha coinvolto anche altri esperti del think tank e che vorremmo venisse apprezzato nelle forme che riterrete più opportune. In particolare vorremmo che, con il vostro impegno, esso venisse tradotto a livello istituzionale nelle sedi competenti. Ci offriamo sin d'ora quale risorsa di esperti a disposizione del gruppo, in particolare con l'avv.Fasulo estensore della proposta di legge, e vi proponiamo di organizzare insieme al nostro think tank una conferenza stampa da tenersi entro il mese di Gennaio 2016. In attesa di ricevere un vostro gradito riscontro, cordialmente saluto anche a nome dei componenti del think tank VENETO PENSA.
Ettore Bonalberti
PROPOSTA DI LEGGE NAZIONALE N°…………
ISTITUZIONE NEL TERRITORIO DOGANALE DELLA REGIONE VENETO DI ZONA FRANCA
Presentata da…………
RELAZIONE DEI PROPONENTI
La presente proposta di legge fonda la sua specificità e valenza alla luce della storia di Venezia, da sempre ponte ideale tra Oriente ed occidente, terminale europeo della mitica via della seta, lungimirante anticipatrice delle Zone Franche, attraverso lo strumento del Fontego delle merci e scambi dei paesi con cui la Serenissima tesseva rapporti commerciali. Basti ricordare il Fonego dei Turchi, dall'architettura veneto-bizantina che a seghuito delle decisioni dei Cinque Savi alla Mercanzia, presa nel 1608, potè ospitare 24 magazzini, camere, lavatoi e servizi, registrando in attività operatori economici non solo turchi ma anche mercanti albanesi, bosniaci, sensali, esperti traduttori. Fontego dai traffici in auge fino alla guerra di candia e comunque operativo fino al primo trentennio del 1800.
Venendo ai tempi odierni bisogna osservare la situazione sociale ed economica del Veneto, che negli ultimi anni, complice una crisi dalle origini esterne, ha visto messo in discussione il tessuto di piccole e medie imprese, preso a modello da altre parti del territorio italiano ed anche da paesi esteri, la capacità di fare "squadra" tra imprese operanti in settori affini, costituendo filiere omogenee in rapporti di interdipendenza, tali da costituire il felice fenomeno dei "distretti". Con la crisi finanziaria ed economica in cui ancora si dibatte il Paese, preso altresì atto che le valutazioni economiche dell'Organismo per la Cooperazione e Sviluppo Economico (O.C.S.E.), ancora nel maggio del 2013, aveva rivisto al ribasso le stime per il P.I.L. italiano, prevedendo, una ulteriore contrazione per l' anno 2014, tuttavia secondo l'Ufficio studi della Camera di Commercio di Vicenza, i dati macroeconimici indicano una inversione di tendenza a livello mondiale che ha avuto il suo outlook positivo già nell'anno 2014, l'imprevista positiva espoansione negli U.S.A., la ripresina in area "Euro" degli ultimi mesi dell'anno 2014, il trend del calo del prezzo dei prodotti petroliferi, l'aumento dei tassi di cambio ed il calo dei rendimenti, dei tassi dei bond statali nei paesi a più forte economia con simmetriche politiche di sostegno alla ripresa, hanno riprodotto condizioni favorevoli al superamento della crisi di cui il Veneto può e deve e avvantaggiarsi.
Le imprese venete che hanno potuto o saputo affacciarsi all'estero, hanno goduto di una favorevole moderata crescita, si pensi al settore calzaturiero della Riviera del Brenta che opera per la maggior parte sui mercati esteri dove la qualità ed il "Made in Veneto" sono percepiti come eccellenza, laddove quelle che operano sul mercato indoor rimangono tutt'ora penalizzate dalla domanda depressa, dai notissimi problemi di mancanza di liquidità e di fiducia.
Il 2014 per la nostra Regione è stato un anno tra molte ombre ed alcune luci, si avvicina tuttavia un treno che riparte, anche se il P.I.L. regionale è declinato ancora sotto i livelli dell'anno 2000 e con un minus di ricchezza prodotta nel settennio 2007/2014 di 10,3 punti percentuali in meno (par a 15 miliardi di euro).
Il comparto più penalizzato è stato quello industriale, con le micro e piccole imprese in ipossia sotto un carico fiscale intollerabile, "dimenticate dalle banche" che, appellandosi a regole discutibili ed autoassolvendosi, hanno perso la propria mission di erogare prestiti. In una spirale di crisi aziendali, ristrutturazione dei debiti, difficoltà, se non impossibilità, di recuperare giudiziariamente i crediti a causa di procedure onerose dai tempi lunghi ed incerti, le imprese in crisi hanno registrato momenti drammatici.
Il settore delle costruzioni ha registrato, nei sette anni della crisi 2007/2014, un calo produttivo, perdendo via via che -secondo i dati Unioncamere 2015- sono passate da 72.544 a 67.580 con saldo negativo di -4.964. L'unico aspetto positivo è dato dalla crescita, stimata al 3,3%, del mercato del recupero residenziale.
Il settore manufatturiero ha sofferto la maggiore emorragia, da 61.445 aziende, si è passati a 53.654 con perdita di -7.791 imprese, ma il 2014 ha visto cenni di ripresa. Dopo l'anno nero 2012, la produzione industriale secondo i dati di VenetoCongiuntura denota per 2015 una dinamica positiva con implementazione di piani di investimento da parte delle piccole e medie imprese.
Anche l'agricoltura ha sofferto, passando da 76.774 aziende a 69.501 con differenziale di -7.273 imprese.
Il settore commerciale invece ha registrato una buona tenuta con un plus di 1.397 imprese.
Il settore terziario dei servizi ha aumentato la sua consistenza, con un incremento di più 10.780 unità accentuando il processo di terziarizzazione dell'economia veneta.
È interessante volgere un breve sguardo ai mercati esteri ove si dirige l'offerta produttiva delle imprese venete. I paesi dell'Unione europea, i tradizionali, Germania e Francia, ed oltre Atlantico gli U.S.A. son o ovviamente privilegiati, ma sebbene gli sforzi siano orientati a potenziare i mercati conosciuti, oggi entrano nel focus commerciale anche gli Emirati Arabi e tra questi Dubai; quest'ultimo sta acquistando sempre più interesse sia per le grandi opportunità commerciali che per le agevolazioni fiscali offerte.
La Camera di Commercio di Padova con intuito lungimirante, già dall'anno 2006, ha aperto un ufficio che collabora con gli imprenditori interessati a sviluppare la loro attività, organizzando e promuovendo incontri tedia a fare meglio conoscere quella realtà.
Nuovi mercati sono l'Iran, sicuramente interessante alla luce della nuova situazione geopolitica, ma anche l'Algeria, l'India, la Colombia.
I prodotti che costituiscono l'appeal del made in Italy o meglio del made in Veneto sono i macchinari che valgono un quinto dell'export regionale e riscuotono sempre interesse.
Ma altre novità che incidono sull'economia regionale sono costituite dalle nuove normative sul lavoro dipendente, dall'inizio del 2015 si è attivata la decontribuzione dei contratti a tempo determinato e, dal marzo 2015, l'istituzione dei contratti a a tempo indeterminato a tutele crescenti. Il fenomeno è troppo recente per misurare il successo di queste formule presso gli imprenditori, tuttavia già nel primo trimestre 2015 le imprese che hanno attivato contratti a tempo indeterminato sono state 21.800, quindi relativamente poche secondo i dati Unioncamere.
Luci ed ombre quindi, ma tra le luci le previsioni assegnano un P.I.L. positivo pari all'1,1%. La locomotiva Veneto di nuiovo sui binari per fare da traino, unitamente alla Lombardia, all'economia Italiana?
Vari componenti depongono in questa direzione, le esportazioni che dovrebbero crescere ad un tasso del 5,4%, il basso prezzo dei prodotti energetici ed i tassi di interesse in discesa, grazie alle politiche monetarie messe in campo dalla BCE. Nubi nere tuttavia, legate a situazioni politiche internazionali, si addensato creando incertezze all'export; il riferimento è al grande e promettente mercato russo ed ucraino.
Già molte imprese venete, attive nel settore agroalimentare e mobiliere, si sono trovate penalizzate a seguito della chiusura di quel mercato; la situazione tuttavia appare in evoluzione.
I consumi delle famiglie: il 2014 ha registrato un lieve incremento di consumi che appare consolidarsi sia per una ripresa dell'occupazione sia per l'effetto indotto dell'aumento del turismo, soprattutto estero e dell'Expo di Milano di cui una componente è stata Expo Aquae a Venezia.
Sul piano turistico, il Veneto si posiziona al top con oltre 10 milioni di ospiti stranieri e circa 40 milioni di presenze annuali. Quindi oltre un quinto dei turisti stranieri che scelgono l'Italia come meta opta per la nostra regione. Non v'è dubbio che Venezia, che a buon diritto può pretendere il titolo di capitale mondiale della cultura con le eccellenze del suo territorio, specialità gastronomiche, buon cibo, vino, gode sempre di un appeal internazionale consolidato, aspetti che costituiscono punti di forza per politiche di sviluppo turistico, politiche le la mano pubblica deve sviluppare tenendo presente che a Venezia è presente la più alta concentrazione di opere d'arte del mondo; la sola Scuola Grande di San Rocco, vera e propria Cappella Sistina in terra Veneta, se adeguatamente ed intelligentemente pubblicizzata, potrebbe costituire un interesse tale da richiamare folle di amatori appassionati del bello. Venezia si proietterebbe ben oltre che la Disneyland odierna del turismo mordi e fuggi.
Per non parlare della Cappella Sistina padovana che è la Cappella degli Scrovegni con il ciclo degli affreschi di Giotto, altro potente motore cultural-turistico.
Se la crisi è la risultante di molte cause, tra queste non può tacersi la burocrazia, a qualunque livello, con le sue astruse liturgie, opacità, sovrapposizioni di competenze e borbonici diritti di veto, tempi non adeguati alle necessità delle dinamiche aziendali, adempimenti spesso slegati da una logica comprensibile e condivisibile. Burocrazia autoreferenziale che si è posta non al servizio dell'utente ma in posizione negativa, i cui risultati sono limitativi dello sviluppo, appesantiscono i costi delle aziende e scoraggiando potenziali interessi stranieri ad investire in Italia.
Secondo stime de Il sole 24 ore, elaborate con ISTAT, la burocrazia "pesa" su imprese e cittadini per 31 miliardi di Euro l'anno: è la struttura amministrativa dello Stato, dal livello centrale a quello periferico, giuridicamente preposta ad erogare servizi ai cittadini. Nella classifica della Banca Mondiale fondata sull'indagine Doing Business, il nostro Paese si colloca ad uno sconfortante 26° posto tra i 27 Paesi dell'Unione Europea, in ordine ai costi ed alle facilitations per fare impresa.
Tutto questo ha causato forti penalizzazioni alla capacità e possibilità non solo di svilupparsi ma anche in termini di tenuta sul mercato, ma non ne ha affievolito la capacità di idee e la voglia di fare impresa.
Per altro verso la Regione Veneto tra le sue attività istituzionali, ha sviluppato una serie di relazioni internazionali, in collaborazione e sinergia con il Ministero degli Affari Esteri, che sono destinate a creare e favorire sostegno alle imprese, tenuto conto che il Veneto, secondo il "Rapporto al Ministro degli Affari Esteri" del 2013, è in posizione leader per le attività turistiche, vanta ben cinque siti UNESCO, quattro Università, numerose fondazioni di rilievo internazionale, Enti Lirici come l'Arena e la Fenice e la Biennale d'Arte, Architettura, Cinema.
La Regione Veneto ha l'orgoglio ed il privilegio di poter disporre di un Consigliere diplomatico che costituisce il funzionale ed istituzionale raccordo tra la politica estera nazionale e gli interessi espressi e rappresentati dal territorio, in conseguenza di ciò ha potuto beneficiare di particolare assistenza diplomatica a favore delle imprese del territorio, presso le Ambasciate situate nei più importanti paesi del mondo, sotto questo profilo strategiche ai fini degli scambi commerciali e culturali.
Attraverso l'Ufficio del Consigliere diplomatico, si è instaurata una efficace e proficua collaborazione con la Rappresentanza Permanente d'Italia presso la UE, aprendo a Bruxelles un apposito Ufficio che rappresenta, in sede comunitaria, gli interessi regionali ed ha in agenza una serie di dossier: "proposta di macro Regione adriatico ionica", "riforma della politica agricola comune dell'Unione europea", "revisioni delle reti Trans European Transport Network" "adesione all'Unione europea della Croazia e rafforzamento dei legami tra Veneto ed Istria", "revisione della politica di cooperazione territoriale UE per il ciclo finanziario 2014/2020"; ed inoltre le questioni relative ad aiuti di stato.
Ma atri aspetti di rilevante importanza per il Veneto sono in discussione, quali il tema della etichettatura dei prodotti tessili, agroalimentari, industriali all'interno dell'Unione Europea; ancora da segnalare la costituzione nel novembre 2012 del Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT) tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Carinzia, ma aperto ad Istria e Slovenia, dotato di personalità giuridica, rappresenta, per la Commissione UE, il futuro della cooperazione territoriale comunitaria, che si muove sulla promozione della crescita e rafforzamento dei posti di lavoro, collaborando e partecipando inoltre all'iniziativa della Regione Bavaria per il lancio di una Macro Regione Alpina.
Se è vero che ogni fase di trasformazione sociale porta con sé l'evolversi di sistemi economici, con l'affacciarsi di nuove libertà, diritti ed opportunità quali la libera circolazione delle persone e delle merci all'interno del territorio della Comunità Europea, di qui la necessità di regolamentare questi nuovi spazi per i cittadini europei ha portato dapprima al Regolamento CE 12 ottobre 1992 n.ro 2913 che ha istituito il codice doganale CE. Il successivo Regolamento CE 2 luglio 1993 n.ro 2454 ha dettato Disposizioni di applicazione del Codice. Il combinato disposto dei due regolamenti (articoli 166-181 del Codice ed articoli 799-814 delle Disposizioni di attuazione) ha introdotto la materia delle Free Zone/Zone Franche.
Il successivo Regolamento CE 450/2008 ha aggiornato la normativa, mancante tuttavia delle necessarie Disposizioni di attuazione, normativa quindi rifusa-concetto del diritto comunitario- nel nuovo ultimo Regolamento CE 952/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'Unione Europea del 9 ottobre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 10 ottobre 2013. Detto Codice in alcune parti ha esecutività immediata pertanto già dal 30 ottobre 2013, ma per la specifica disciplina delle Zone Franche ne ha rinviato l'entrata in vigore all'1 giugno 2016.
Nei suoi prodromi, la Convenzione Internazionale di Kyoto del 1973 definisce la Zona Franca "…la parte del territorio di uno Stato in cui le merci che vi sono introdotte, sono considerate come fossero fuori dal territorio doganale, per quanto attiene ai diritti alle tasse di importazione e non sono sottoposte agli usuali controlli dell'autorità di dogana…".
A livello mondiale le Zone Franche, secondo i dati della International Chamber of Commerce, riportati dalla dottoressa Micaela Cappellini nel suo articolo "Free Zone in espansione" pubblicato dal Sole 24 Ore del 12 agosto 2013, sono circa 3.000 in 135 Paesi, impiegano 68 milioni di persone generando un giro di affari di 500 miliardi di dollari. A due anni dal rilevamento è facile presumere un consistente aumento delle Free Zone.
Nella realtà del nostro Paese vi sono alcuni Punti Franchi che non debbono tuttavia essere confusi con la realtà giuridica disegnata dalla normativa comunitaria.
L'esperienza di Trieste. Il porto Punto Franco gode del regime di esenzione doganale ma il suo fondamento giuridico risiede in alcuni privilegi austroungarici confermati dal successivo Regno d'Italia, ripresi dal Trattato di Pace del 1947, ribaditi dal Trattato di Osimo del 1975, recepiti dal Testo Unico in materia doganale e dalla Legge 84/1994 di riordino della legislazione sui porti.
La regione Valle da Osta. È regione a statuto speciale che, per la collocazione specifica di zona di confine, fruisce in tutta la sua estensione del regime di extradoganalità, riconosciuta dalla Legge ordinaria 623/1949 con l'originale formula che demanda ad una normativa regolamentare l'attuazione del regime di Zona Franca, ma consentendo da subito l'esenzione di numerosi prodotti da dazi ed imposte per beni di consumo per il fabbisogno locale creando così una disparità con altre regioni ad oggi assolutamente anacronistica oltre che ingiusta.
La provincia di Gorizia. Anche questa per ragioni storiche fruisce del regime di Zona Franca extradoganale e fiscale istituito con Legge ordinaria 1438/1948; nel suo territorio i beni di consumo sono introdotti in regime di esenzione fiscale.
Salvo la Regione a statuto speciale Sardegna che ha perfezionato la proposta di legge n.ro 22/A per l'istituzione della Zona Franca su tutto il territorio, attualmente risultante giacere presso il Senato, e la Regione Lombardia che è autrice di analoga proposta di legge per l'istituzione di una Zona Economica Speciale "ZES", il panorama italiano fino ad oggi non ha visto attivazione di Free Zone.
La Regione Vento, utilizzando le facoltà concesse dal nuovo ruolo rivestito dalle Regioni a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione operata dalle Leggi Costituzionali n.ro 3/2001 e n.ro 131/2003, che consentono alle Regioni di sottoscrivere Accordi Internazionali con Stati esteri ed Intese con Enti territoriali stranieri, ha istituito la Direzione Relazioni Internazionali, Cooperazione Internazionale e Diritti Umani. Attraverso l'opera di tale Ufficio, l'Ente regionale ha già attivato rapporti di collaborazione, di amicizia, aprendo opportunità al mondo delle imprese, sottoscrivendo Atti di Intesa con Entità regionali estere ed un Accordo di collaborazione con la Repubblica di Serbia. Di rilievo sono i recenti Protocolli di Intesa del febbraio 2012 con la Regione marocchina di Marrakech-Tensift-Al Haouz, il Protocollo con la Moravia Slesia del giugno 2012, quello del settembre 2012 con la Provincia Vietnamita di Thua Thien Hue, infine nel novembre 2012 è stato sottoscritto l'ulteriore Protocollo di Intesa con lo Stato brasiliano del Mato Grosso del Sud.
La novità di interesse di cui alla presente proposta di legge è che nella nuova Sezione 3 del testo del Regolamento CE 952/2013, rubricata "Zone Franche", agli articoli 243 e seguenti, è prevista la facoltà, quindi diritto potestativo per ogni stato membro, di destinare talune parti del proprio territorio doganale a Zona Franca, aree quindi che assumono carattere di extradoganalità. In forza di tale norma comunitaria lo Stato italiano può servirsi di questo strumento, che gode, per definizione, di agevolazioni doganali, quali esenzione dai dazi e/o i.v.a. tali da favorire il mondo delle imprese che vi troverà all'interno di tali spazi le più ampie opportunità di produrre, commercializzare beni e servizi.
Guardando all'estero, l'esperienza dell'Emirato di Dubai può essere considerata paradigmatica per l'istituzione di una Free Zone. Dubai infatti conta oltre 10 Free Zone, alcune generaliste, altre specializzate su definiti settori merceologici, di certo sfrutta la propria posizione geografica ad est della penisola arabica.
È sicuramente interessante la Dubai Airport Free Zone Authority (DAFZA), che offre agli investitori un distretto commerciale dotato di comode infrastrutture, servizi, esenzione da diritti doganali; tale Zona si armonizza strategicamente con lo sviluppo dell'aeroporto quale hub per i voli per l'Estremo oriente, Cina, India, Repubbliche ex sovietiche, Australia, entrando in concorrenza con i maggiori aeroporti-hub europei. Già varie aziende italiane ne hanno colto le opportunità offerte, da un alto dalle distanze assolutamente convenienti, e per altro verso dai commoda, burocrazia quasi zero, tempi velocissimi ed un panel di servizi di qualità e pregio, nessun dazio su qualsiasi bene importato o esportato e soprattutto proprietà al 100%, senza obbligo di un socio di maggioranza locale.
Tra le aziende insediate vi sono alcuni importanti quali Luxottica, Montegrappa, Ariston, Guzzini, ma anche piccole imprese venete che da tempo guardano ai nuovi promettenti mercati.
Il Veneto, sotto ogni profilo, per la sua dinamica capacità produttiva, economica e commerciale, con la sua rete aeroportuale collegata con i poli del business mondiale in grado di fare sistema con il porto di Venezia e la cantieristica collegata, regione leader nel campo delle nanotecnologie, della ricerca e scientifico, del turismo di qualità con le sue bellezze e beni culturali diffusi sul territorio, si presta ad essere il luogo strategico alfiere dell'attivazione di una Free Zone in grado di diventare opportunità di sviluppo, attrattiva, non solo per le imprese nazionali ma anche per quelle estere.
La localizzazione della Zona Franca deve tenere in considerazione la situazione del territorio, da un lato rispondendo al criterio del risparmio dei suoli, esulando da mere logiche speculative di consumo, per altro verso deve, ove possibile, valorizzare le aree industriali dismesse o in via di dismissione, perché non più rispondenti alle mutate condizioni di mercato o della produzione o dei nuovi bisogni ambientali, con attenzione ai nodi stradali, ai modi di trasporto via mare o aerei affinché la Zona, così giuridicamente definita, possa fruire fisicamente di tali "commoda" di posizione.
((((((((((((((((La recente iniziativa della regione Veneto dell'11 aprile 2014, assunta in accordo con il Comune di Venezia, di impegno ad acquisire in Porto Marghera 110 ettari di aree industriali ed edifici della Syndial S.p.a. con l'obiettivo di metterle a disposizioni di nuovi investitori, attraverso lo strumento della NewCo, diventa strategica ai fini della localizzazione di una Free Zone e ne costituisce forte motivazione. Si tratta di un'area di circa 1.073.358 mq, suddivise in due macro lotti A e B. Gli aspetti di bonifica, gli oneri ambientali, così come individuati ed approvati dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Mare, sono stati regolati.
Secondo il contratto preliminare dell'11 aprile 2014, per il macrolotto A, considerato di più immediata re-industrializzazione, pari a 50 ha, è prevista a favore dei promissari acquirenti la somma di 50 milioni di euro per i necessari interventi di bonifica; per il macrolotto B, pari circa a 60 ha, è prevista a favore dei promissari acquirenti la somma di euro 19,5 milioni di euro per oneri ambientali.
Individuata così l'area da destinare a Zona Franca, è previsto un Soggetto attuatore, organismo previsto da apposito provvedimento di legge regionale, pubblico-privato con partecipazione della Regione, Comune (o Comuni interessati) dall'Autorità Portuale, di natura mista tecnico-amministrativa formato da competenze elevate, investito di poteri di autority, autorizzativi di ogni attività da attuarsi nella prescelta Zona Franca))))))))))))))
L'istituzione di Zona Franca si colloca nel solco dell'art. 117 della Costituzione che disciplina le materie in cui la potestà legislativa è concorrente tra le Regioni e lo Stato, attinente specificamente al governo del territorio, governo inteso come amministrazione, programmazione e gestione. Non v'è dubbio inoltre che la Zona Franca risponda ad ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia reclamabili dall'Ente Regionale, così come previste dall'art. 116 terzo comma della Carta Costituzionale.
L'art. 30 dello Statuto Regionale Veneto al quarto comma prescrive che l'Ente "adatta i vincoli posti dalla legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica alle specifiche esigenze del Veneto". L'oggetto della presente proposta di legge, istituzione di Zona Franca su territorio nazionale, ai sensi del Regolamento CE 952/2013, risponde alle necessità di sviluppo dell'economia veneta ed i vincoli della legislazione statale debbono tenere conto di tale specifica esigenza.
La proposta di legge si compone di…..articoli:
l'art. 1 (istituisce la zona franca di Venezia - ipotesi di formulazione dell'articolo) "la Regione Veneto, ai sensi del Regolamento CE 952/2013 e nell'ambito del potere ad essa attribuito del governo del territori, porti ed aeroporti, istituisce la Zona Franca di Venezia disciplinata dalle leggi fiscali dello Stato Italiano e dell'Unione Europea";
l'art. 2 (individua le aree, parti del territorio doganale, dove collocare fisicamente la zona franca veneziana, il perimetro ed i punti di entrata ed uscita, così come previsto dall'art. 243 "determinazione delle zone franche" di cui al Regolamento CE 952/2013, indicando che il territorio della Zona Franca di Venezia è posto fuori dalla linea doganale);
l'art. 3 (definisce le aree nel perimetro della Zona Franca) "le aree all'interno del perimetro della Zona Franca sono precluse con i punti di entrata ed uscita sottoposti a vigilanza doganale da individuarsi da parte dell'Autorità di Gestione Veneto Free Zone";
l'art. 4 (della disposizione sulle costruzioni) "la costruzione di qualsiasi immobile in Zona Franca è subordianta all'approvazione dell'Autorità Doganale";
l'art. 5 (detta disposizione relative alle attività economiche) " nella Zona Franca è consentita ogni attività industriale, commerciale o di servizi, ivi comprese quelle intese alla manipolazione, trasformazione e commercializzazione di merci, la movimentazione anche internazionale di merci e prodotti. L'esercizio di tali attività è preventivamente notificato, da parte dell'Autorità di gestione, alle Autorità Doganali. Pari notitifca è prevista per eventuali modifiche o cessazioni. Le Autorità Doganali possono imporre limitazioni o divieti alle predette attività per esigenze di vigilanza doganale o di sicurezza";
l'art. 6 (detta disposizioni relative ai controlli) "le persone, le merci e i mezzi di trasporto che entrano in Zona Franca o ne escono, possono essere sottoposti a vigilanza doganale";
l'art. 7 (istituisce l'Autorità Veneto Free Zone quale soggetto amministrativo-tecnico con funzione di progettazione e gestione destinatario della cessione delle aree ex Syndial, e/o eventuali demaniali in disuso a titolo gratuito, prevedendo con funzioni altresì di vigilanza e controllo sulle operazioni di risanamento e bonifica di aree contaminate. Previo concerto con l'Autorità Doganale, detterà disposizioni organizzative, individuando gli immobili ed i servizi, ritenuti necessari al proprio funzionamento);
l'art. 8 (prevede e definisce i criteri di nomina dell'Autorità di cui all'art. 7, evidenziando la composizione e i dettagli relativi all'aspetto economico/giuridico);
l'art. 9 (prevede norme dirette al finanziamento dell'Autorità ed ala copertura finanziaria);
l'art. 10 (prevede disposizioni relative ad esenzioni ed agevolazioni fiscali per le imprese insidiate all'interno della Zona Franca).
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La nostra idea di Venezia
Servizi sociali e residenzialità
A Venezia da anni esiste un problema "residenzialità" collegata allo spopolamento e snaturamento della stessa nel centro storico, da considerare nell'ambito della situazione dell'intero Comune, terraferma di Mestre e isole dell'Estuario compresi.
Lo spopolamento, infatti, non riguarda solo il centro storico, ma tutto il Comune che ha visto un calo della popolazione dai 274.168 abitanti del 2001 ai 270.884 del 2010.
Il centro storico nel 2001 contava 65.695 residenti che si sono ridotti a 59.621 nel 2010; l'Estuario è passato dai 32.183 residenti del 2001 ai 29.933 del 2010.
I nati nel centro storico nel 2010, 406 e i morti 891; nell'estuario i nati nel 2010, 193 e i morti 448. Un tasso di natalità in centro storico pari allo 0,68% e di mortalità dell'1,49% e nell'estuario: tasso di natalità allo 0,64% e di mortalità all'1,50%.
Va anche considerato che negli anni 2006-2010 il saldo immigrati/emigrati nel comune risulta positivo solo per l'apporto di immigrati stranieri e che in relazione al saldo migratorio vi è un rilevante saldo migratorio negativo a favore di altri comuni della provincia di Venezia.
Ciò significa che, al di là del modesto aumento di residenti, a Mestre non trova casa un gran numero di cittadini provenienti dal resto del Comune.
Il tema dell'housing sociale assume anche a Venezia un ruolo importante all'interno di un mutamento profondo dei caratteri sociologici di Venezia e di Mestre:
Venezia ha mutato il suo significato economico tramutandosi da città direttiva a turistica, Mestre ha perso il suo significato di complemento di attività industriali che ora non ci sono quasi più e non ha raggiunto un superiore livello e l'Estuario ha perso la sua vocazione agricola e di centro marinaro.
In pratica nel suo complesso il Comune di Venezia ha mutato il suo significato economico pur mantenendo il suo assetto territoriale.
Beni immobili a diversa destinazione d'uso con prezzi drogati in centro storico per un'offerta indisponibile per i ceti medi e popolari e permanendo viva la domanda di edilizia sociale e a canoni compatibili rendono anche a Venezia e Mestre urgente il tema dell'housing sociale.
ATER e Comune di Venezia dispongono di un patrimonio immobiliare pubblico di circa 8000 unità immobiliari. Si tratta di procedere a un'esatta ricognizione della permanenza delle condizioni di bisogno in base alle quali furono a suo tempo compiute le assegnazioni delle case popolari, in conformità a corrette valutazioni degli Indici ISEE (situazione economica di un nucleo familiare, calcolato sulla base del reddito e di altri parametri socio economici) .
Procedere a offrire l'acquisto delle case a coloro che, essendone assegnatari, sono nelle condizioni e nell'interesse di assumere la proprietà dei beni assegnati per finanziare attraverso la vendita del patrimonio pubblico disponibile e non strategico, la nuova residenza sociale per i giovani, i nuovi veneziani e gli anziani.
Quanto al tema più generale dei servizi sociali il nostro programma, coerentemente all'azione condotta dai Popolari a livello regionale, intende impegnare la prossima amministrazione comunale a perseguire i seguenti obiettivi, coerenti con i principi di sussidiarietà e solidarietà cui ispiriamo la nostra attività politico culturale:
Vita: equiparazione con legge regionale dei nascituri ai nati per ogni beneficio regionale e degli enti locali veneti (es. punteggi erp, graduatorie, isee, …)
Famiglia: no tax area per 3 anni dal matrimonio prorogata di un anno per ogni figlio;
Famiglia/scuola: deducibilità completa delle spese per i figli dall'imponibile per tributi regionali e locali;
Famiglia: DARE SUBITO UNA "DOTE" a tutte le famiglie venete, creando il familiare ius aedificandi. Per ogni figlio un credito edilizio, utilizzabile o alienabile vincolando gettito a spese familiari. Così ogni famiglia avrà una vera e propria dote. Si tratta di un esempio di un inedito passaggio culturale da concepire e favorire, passando, cioé, dalla concezione di un "pubblico" che interviene con la spesa a un "pubblico" che sappia liberare risorse e indirizzare il mercato con le "regole".
Dal matrimonio, tre anni di franchigia fiscale regionale, prorogata di uno ogni figlio.
Deducibilità delle spese per la famiglia nella fiscalità regionale.
Dote familiare, riconoscendo, senza oneri pubblici e con compensazioni ambientali, un bonus edilizio (familiare ius aedificandi) di almeno 100 mc per ogni figlio, utilizzabile o commerciabile per esigenze familiari.
Welfare community - SOS sussidiarietà: una nuova legge regionale sui servizi sociali, convertirà i meccanismi di assistenza, attualmente troppo incentrati sulle strutture amministrative regionali e comunali, dalla elargizione di denaro o servizi al supporto di reti relazionali di prossimità alla persona che è in situazioni di disagio, per passare da un welfare della spesa a un welfare delle comunità; si deve, cioè, favorire che il sostegno alle nuove forme di povertà avvenga innanzitutto sostenendo le forme di solidarietà presenti nella società;
Welfare community - allargare il "pubblico": la legge regionale, pertanto, equipari tout court i servizi alla persona del settore no profit ai servizi pubblici degli enti locali e ciò anche ai fini delle esenzioni dalle tassazioni regionali e locali gravanti sui beni strumentali all'attività;
Welfare community - costi standards: introduzione del meccanismo dei costi standards in tutti i servizi pubblici, specie sociali, sanitari e scolastici per una minor spesa complessiva:
Welfare community -spende chi sceglie! Riduzione della forme di gestione diretta nel pubblico e sostituzione del meccanismo di finanziamento pubblico. Attualmente i flussi finanziari promanano dalla Regione e dal Comune alle strutture, mentre bisogna mettere al centro "chi sceglie", organizzando, in base ai costi standard", la spesa per "crediti" e vouchers" che vengano messi direttamente a disposizione delle famiglie, che possono andarli a utilizzare, a loro scelta, nelle strutture sociali, sanitarie, educative, siano esse "regionali" o convenzionate o cooperative, al fine di porre in essere un pluralismo nell'offerta con un nuovo protagonismo di scuole libere e imprese profit e non profit, che consentirà risparmi di spesa, sviluppo occupazionale e miglioramento della qualità
Welfare community - cooperazione sociale contro disagio e disoccupazione: riconoscere le vere "gare comunitarie", cioé considerando specificatamente la cooperazione sociale, anche di nuova costituzione (ad esempio fra ex dipendenti o giovani o over cinquantenni) nella legislazione regionale degli appalti, la cui normativa é allo stato penalizzante in quanto la natura no profit le rende meno competitive sui ribassi.
Risorsa educazione: Investire contro la cultura della sfiducia e, spesso, della disperazione accentuata dalla crisi economica, valorizzando l'offerta educativa e della formazione professionale, attraverso l'esenzione delle istituzioni scolastiche dai tagli e consentendo la piena detraibilità delle rette scolastiche per le scuole paritarie. Realizzare spazi nido all'interno delle aziende partecipate comunali, incentivare la realizzazione di nidi aziendali privati
Per le nuove famiglie andrà avviato un programma di aiuti come quelli su indicati e sperimentare asili con orario prolungato fino alle 20 anche per elevare il tasso di occupazione dei giovani
Per i portatori di handicap andrà promossa la formazione e il tutorato al telelavoro e avviato un incubatore di iniziative in telelavoro per valorizzare un potenziale di energie sottostimato
Per l'assistenza agli anziani e favorire un processo di invecchiamento attivo si favoriranno i servizi di aggregazione, socializzazione e assistenza domiciliare; si coinvolgeranno gli anziani disponibili in servizi di pubblica utilità; si potenzieranno le strutture pubbliche e private del volontariato sociale di sostegno extra ospedaliero per gli anziani non autonomi. Assistenza h24 compresa la somministrazione dei farmaci e del pasto a casa.
Stella polare della politica sociale della nuova amministrazione comunale dovrà essere l'assunzione del principio di sussidiarietà verticale e orizzontale con le istituzioni messe al servizio delle persone e dei gruppi sociali organizzati in un rapporto costruttivo permanente pubblico-privato avendo sempre al centro i bisogni e i diritti della persona.
Priorità al no profit nella cura dei bisogni, riorganizzando i servizi assistenziali in base alle effettive necessità delle persone, così abbandonando standards astratti e connettendo interventi di assistenza con percorsi di lavoro e con forme innovative di solidarietà (es. case
famiglia).
Queste in sintesi le nostre proposte in materia di welfare e famiglia:
MINORI e ETA' EVOLUTIVA
Monitoraggio della spesa finalizzata a contenere i costi e privilegiare quegli enti gestori che restituiscono un rendiconto " trasparente"
PROMOZIONE DELLA FAMIGLIA
Sostegno con politiche specifiche, contributo alla natalità, sostegno alle scuole materne e asili nido, sostegno economico alle famiglie in difficoltà
PROMOZIONE DELLA GENITORIALITA'
Sostegno alle famiglie attraverso il rafforzamento della genitorialità, promuovendo le reti di genitori con particolari attenzioni anche ai genitori separati/divorziati o singoli
ANZIANI
Progetto centro storico, isole terraferma assistenza domiciliare e servizi diretti
GIOVANI
Sostegno di politiche per la promozione del benessere tra i giovani incentivando le azioni di aggregazione giovanile
VENEZIA CITTA'OPEROSA
Le questioni accoglienza migranti va affrontata con l'onestà di concordare quanti migranti la città è in grado di reggere in termini di casa e lavoro e quali strategia siano concretamente possibili per:
a) accrescere le buone occasioni di lavoro in città
b) sostenere coloro che intendono andare altrove
c) accompagnare presso altri territori coloro che rimanendo in città andrebbero ad accrescere le schiere dei disagiati
Dal matrimonio, tre anni di franchigia fiscale regionale, prorogata di uno ogni figlio.
Deducibilità delle spese per la famiglia nella fiscalità regionale.
Dote familiare, riconoscendo, senza oneri pubblici e con compensazioni ambientali, un bonus edilizio (familiare ius aedificandi) di almeno 100 mc per ogni figlio, utilizzabile o commerciabile per esigenze familiari.
Occupazione
Il lavoro non solo per i giovani disoccupati, ma anche per i molti licenziati e cassaintegrati veneziani è la prima priorità cui dare soluzione. [1]
Cultura, turismo, portualità e recupero delle attività produttive a Marghera, sono le aree nelle quali anche l'intervento sussidiario dell'ente locale può e deve essere garantito.
Quanto alla Cultura è tempo di ripensare globalmente all'idea culturale di Venezia superando le attuali frammentazioni, disorganiche iniziative e assicurando un serio coordinamento ai diversi centri e istituzioni operanti nella città.
I Veneziani, vecchi e nuovi, devono riprendere consapevolezza delle attese che il mondo rivolge alla loro città. Un caposaldo di civiltà universale che non può e non deve essere immiserito al ruolo di meta turistica. Quanti hanno il privilegio di abitarci e la somma responsabilità di assumerne il governo, dispongono di un enorme patrimonio di centri culturali: dalle Università agli Istituti (l'Istituto Veneto, l'Ateneo Veneto, tra i maggiori), dalle Accademie agli Enti (La Biennale, la Fenice), alle Fondazioni (Giorgio Cini, Levi, Querini Stampalia, etc.), dall'Archivio di Stato al sistema museale pubblico e privato. Un formidabile complesso vocato alla conoscenza e all'intelligenza creativa, che abbisogna di essere posto in sinergia. La politica culturale cittadina è una straordinaria risorsa, sinora mortificata dalla scarsa considerazione in cui è stata tenuta, con un governo debole e di limitata progettualità (a puro titolo di esempio, si ricordi che Venezia, con la sua altissima qualificazione musicale, non è stata in grado di avviare con continuità e stabilità un Festival della musica barocca veneziana, mentre Salisburgo puntando solo su Mozart, ogni anno richiama folle di appassionati e grandi direttori). La città che è stata il fulcro dell'editoria sacra e profana, raccolta nella Biblioteca Marciana, nell'Archivio di Stato e in altre sedi, avrebbe tutte le carte in regola per proporsi come sede di Mostre annuali del libro in ogni specificazione (libri d'arte, libri di antica e nuova scienza gastronomica, libri tecnici e scientifici etc.). Da tutte queste manifestazioni non effimere verrebbe un beneficio diretto al sistema di accoglienza cittadino,
Un calendario condiviso e programmato in grado di spalmare in tutto l'arco dell'anno iniziative mirate di grande valore culturale, funzionale anche a una più efficace distribuzione degli afflussi turistici, oggi concentrati disordinatamente nel periodo Maggio-Settembre con tutte le conseguenze negative che tale concentrazione comporta per la città e per i suoi abitanti
Il Comune dovrà favorire e incoraggiare gli imprenditori, partite IVA e i privati cittadini, a utilizzare le leggi sul mecenatismo culturale, che prevedono la deducibilità fiscale delle risorse impegnate a sostegno di attività culturali. sia tramite il FONDO PER IL MECENATISMO RIFERITO ALLA LEGGE 665, sia con l'Art Bonus (Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale e lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo). Il comune, gli enti pubblici di sua pertinenza interessati/bili potranno proporre a tutti gli imprenditori del territorio, la costituzione di una fondazione finalizzata all'utilizzo delle agevolazione fiscali per la tutela dell'arte e della cultura sia per quanto riguarda le opere passate sia a riguardo dell'arte futura.
Serve un programma in grado di coinvolgere con la città metropolitana tutto il territorio veneziano dal Tagliamento al Timavo, dall'Adige al Po sino al Mincio. Venezia come punto di riferimento delle Venezie e tra il Nord e il Sud dell'Europa, tra l'Ovest e l'Est del mondo.
Nostro impegno sarà rivolto a favorire l'avvio di un Festival mondiale della musica barocca che a Venezia ha avuto alcuni tra i suoi più illustri fondatori, dal Caldara a Vivaldi, per offrire alla città un ruolo analogo a quello assunto a livello mondiale da Salisburgo per la musica mozartiana e di Bayreuth per quella wagneriana.
Considerato il ruolo che Venezia ha avuto nei secoli, sia nel settore del commercio di alcuni beni essenziali (sale, zucchero, spezie) che per la divulgazione della grande cucina rinascimentale italiana con la sua attività editoriale dominante in Europa sino al XVIII secolo, si favorirà lo sviluppo di una Mostra permanente a Venezia della cultura dell'alimentazione e della civiltà della tavola, puntando a realizzarne l'avvio con Expo2015, e con il fine di coinvolgere in uno straordinario e affascinante scenario le diverse civiltà della tavola esistenti nei cinque continenti e l'intera filiera agro-alimentare italiana e triveneta in particolare.
La presenza diffusa dell'immagine di Venezia in tutto il mondo, unitamente al prestigio
della nostra ristorazione e della civiltà dell'ospitalità veneta, in ragione delle varie associazioni interessate ed interessabili, potrebbero garantire le migliori possibilità di riuscita e di successo turistico. Una vera e propria sfida culturale tra produttori, conservatori, distributori, albergatori, ristoratori, cuochi, uomini di cultura e d'arte, retta e governata dal piacere di stare a tavola, di stare insieme e dalla volontà di integrare realtà differenti per la promozione del progetto Italia, ma soprattutto veneto.
L'Arsenale e l'area risanata di Marghera, insieme a molti beni immobili pubblici , accanto ad attività produttive compatibili potranno divenire sedi di fondaci culturali aperti alla partecipazione di giovani da tutto il mondo e occasioni per l'attivazione di innovative start up dell'arte e della creatività giovanile.
L'Arsenale è certamente la struttura , la darsena , il porticciolo turistico potenzialmente più bello, valido ed accogliente di tutto l'Adriatico . E' perciò che siamo convinti che sia possibile , nell'interesse di Venezia, per rivitalizzare la zona di Castello orientale, per ripopolare l'area della città più precaria dal punto di vista del tessuto umano, riportare all'interno dell'Arsenale soggetti pubblici e soggetti privati attraverso un unico filo conduttore rappresentato dal polo nautico; da un lato si ritiene opportuno concentrarvi tutti gli istituti e le scuole orientate alle professioni marinare, quindi soggetti pubblici , e dall'altro localizzare un importante porto turistico per yacht fino a 80 metri i cui proprietari non hanno certo problemi a pagare quanto verrà loro richiesto, oltre naturalmente una marina per barche meno pretenziose legate alla cantieristica minore .
Le scuole marinare avrebbero una delle sistemazioni più valide esistenti nel Mediterraneo , molto simile , ma migliore , alla sistemazione logistica dell'Accademia Navale di Livorno , mentre la nautica maggiore e minore , si troverebbe ad operare al centro della città ed a ridosso della parte di laguna più bella , compresa fra i bacini di carenaggio , le Vignole , la Certosa , Sant'Elena , Sant'Andrea e la bocca di porto del Lido .
Presso l'Arsenale siamo interessati a sostenere l'idea progetto elaborata dal gen. Giorgio Paternò di ricostruzione del Bucintoro, la splendida galea di Stato dei Dogi veneziani che, tanto nella fase di lavorazione cantieristica che come artifatto di pregio artistico richiamerà visitatori da tutto il mondo.
Il turismo e le sue problematiche per Venezia
Il turismo è una delle attività divenute prevalenti nel bilancio delle attività economiche della città. Esso assume dimensioni crescenti quasi di tipo esponenziale. Se alla metà degli anni'50 Venezia ospitava circa 1,6 milioni di turisti all'anno, ora si sfiorano i 30 milioni.
Fenomeno che non si limita alla sola città storica, ma interessa anche la terraferma, dove si stimano circa 4 milioni di presenze annue.
E' evidente che una tale situazione del tutto anomala richiederebbe una legislazione speciale e non essere regolata da norme regionali poco adatte alla specificità di Venezia.
Venezia vive di turismo eppure fa fatica a convivere con il turismo, almeno con quello che si è sino a oggi sviluppato in maniera disordinata e senza regole.
La prossima amministrazione comunale in accordo con l'ente regione dovrà porsi seriamente il tema dell'ordinamento e la gestione dei flussi turistici.
Se, da un lato, l'introduzione di un ticket d'ingresso rappresenta una soluzione difficilmente gestibile per una città che già richiede ai suoi visitatori costi non indifferenti, qualche altra soluzione dovrà essere messa in campo per garantire una migliore gestione del flusso turistico con un ticket adeguato per l'accesso ai percorsi museali della citta' (vedi Parigi- Louvre).
Esso va indirizzato verso zone della città altrettanto degne di essere visitate oltre a Piazza San Marco e al Ponte di Rialto. Un turismo telematico che sceglie per ogni soggiorno a Venezia una specifica località o tema andrebbe messo in opera.
Così come la distribuzione delle diverse attività di promozione artistica e culturale andrebbe programmata per tutto l'anno e non concentrata nel periodo Marzo-Settembre, che è quello in cui si concentra ora la massima confluenza turistica in città. Per il bene della città, per equilibrare i flussi turistici, le mostre vanno fatte nel periodo invernale, contribuendo così all'obiettivo di una miglior vivibilità per i residenti, ma nel contempo offrendo agli operatori del turismo una stagione più ampia con conseguente maggior produttività per gli alberghi, i negozi, i ristoranti.
Anzitutto andrà ampiamente pubblicizzata, via Internet e nelle guide cartacee, l'inopportunità di visitare Venezia in questi mesi, nei quali la città è sovrappopolata e non è in grado di dare ai turisti il meglio di sé. Andrà poi predisposta una serie di itinerari che consentano una visita della città che, pur nel breve tempo di un giorno, riesca a distribuire l'afflusso turistico anche nelle zone periferiche del centro storico, con il risultato ulteriore di aiutare l'economia delle zone meno centrali della città.
Andrà anche valorizzata una visita "via d'acqua", riconsiderando quello che è stato chiamato "vaporetto dell'arte", che solo a Venezia non ha trovato adeguato successo, trasformandone la funzione analogamente a quanto avviene a Parigi, in un itinerario lungo il Canal Grande, la principale via della città, con presentazione in varie lingue dei palazzi che si affacciano lungo il percorso, la loro architettura e la storia delle famiglie e dei personaggi che li hanno abitati. Se tutto questo ha un costo, e certamente lo ha, andrà pagato con una parte del ricavato della tassa di soggiorno, che nel 2013 ha dato all'amministrazione oltre 20 milioni di euro.
Va definitivamente risolta la questione delle navi crociera a Venezia impegnandoci da subito allo stop del loro passaggio in bacino San Marco.
Consapevoli dell'importanza che l'attività crocieristica assume per la città ( sono circa 5000 le persone che direttamente e indirettamente sono occupate in tale attività) resta per noi improponibile il passaggio in laguna delle grandi navi, per l'elementare dovere del rispetto del principio di precauzione nei confronti di una città unica per la sua fragilità strutturale; un sogno reale sospeso tra mare e cielo, riteniamo, quindi, che la crocieristica debba restare a Venezia, ma con soluzioni alternative per raggiungere la Marittima, come quelle previste dal decreto Passera individuabili in un canale dietro la Giudecca o altra soluzione che superi le verifiche di sostenibilità e compatibilità ambientale (vedi ipotesi canale Vittorio Emanuele).
L'espansione del turismo e della sua monocultura ha determinato, come ovvio, una serie di conseguenze sul piano delle rendite immobiliari, con incrementi crescenti dei valori immobiliari per investimenti speculativi, per l'uso di spazi ricettivi da residenziali a funzioni di affittacamere, bed & breakfast, attività abusive e scomparsa quasi del tutto dei negozi di vicinato.
Anche la terraferma, con la dissennata politica di apertura dei grandi centri commerciali a Marghera, Mestre e Marcon, ha subito una vera e propria desertificazione del centro delle attività commerciali. I luoghi del commercio cambiano le abitudini dei cittadini e penalizzano ovunque i centri storici.
Recupero dell'area dell'Arsenale e attuazione del piano di recupero delle isole, degli ex Forti del "campo trincerato" e di Forte Marghera, andranno accompagnati da un riassetto complessivo della governance della città, considerata la quantità di autorità con competenze separate per il bacino San Marco e per il territorio comunale.
Tutte competenze del comune e dei suoi diversi settori amministrativi, della Soprintendenza ai BB.AA. di Venezia e della Regione, della Soprintendenza ai BB, Archeologici, del Magistrato alle Acque, dell'Autorità portuale, della Capitaneria di Porto, dell'ENAC in area portuale, delle FF.SS., ANAS, ENEL, ENI, Agenzia del Territorio, Demanio, Regione Veneto, ASL, Società Autostrade andrebbero coordinate dal Comune-Città Metropolitana salvo quelle di controllo sui BB.AA.
La portualità
Il porto di Venezia è uno dei porti meglio posizionati nel Sud Europa, da oltre cinquant'anni è il primo porto dell'Adriatico. La portualità lagunare cioè i porti di Venezia e Chioggia rappresentano una delle realtà portuali più valide e complesse del Mediterraneo.
Il nodo infrastrutturale di Mestre, già di per sé importante per il Nord - Est, con la caduta della cortina di ferro e con il progressivo inarrestabile allargamento dell'Unione europea a Est, è diventato snodo primario di distribuzione dei flussi di merci e di uomini sia fra ovest ed est che fra sud e nord. Porto Marghera, oltre ad essere oggi il più importante porto commerciale dell'Adriatico, è l'insediamento della più estesa area chimica d'Italia; il porto passeggeri, che fa capo a Venezia centro storico, è oggi il primo scalo italiano per tale traffico; nella laguna veneta a sud abbiamo una realtà affascinante come la città di Chioggia , una piccola Venezia che ha saputo trattenere i propri abitanti mantenendo quindi tutte le caratteristiche culturali, popolari e caratteriali che Venezia non ha più a causa dell'esodo di una rilevante parte dei suoi abitanti, esodo che i politici che si sono succeduti negli ultimi decenni non hanno saputo gestire e quindi frenare.
Il porto a Venezia e Chioggia non è, in ogni caso, riduttivamente il porto di Venezia e Chioggia, ma un' infrastruttura basilare per lo sviluppo economico, occupazionale, produttivo e sociale di tutto l'hinterland che sta alle spalle, e l'hinterland della portualità lagunare interessa e condiziona il Triveneto e tutta la Valle Padana.
I progetti sviluppati in questi anni dall'autorità portuale dovranno essere assunti come momento di verifica della loro compatibilità con le linee strategiche di conservazione e sviluppo della città.
Va garantita la conservazione delle attività della Marittima con l'utilizzo dei canali alternativi fino al completamento della piattaforma offshore ed al conseguente riuso delle aree portuali di Marghera con un nuovo PAT condiviso Comune-Autorità Portuale.
Bisogna potenziare il terminal traghetti (autostrada del mare) a Fusina con i servizi di contorno di ospitalità per operatori (alberghi low cost, market, officine) e per passeggeri, così come andranno potenziati i servizi di supporto alla nautica commerciale e turistica nelle acque interne
Il recupero manifatturiero di Marghera ("free zone"- ZONA FRANCA )
Il consiglio comunale di Venezia, nella riunione del 16 giugno 2014 ha approvato la costituzione della newco che gestirà i 110 ettari di Porto Marghera che Syndial (gruppo Eni) ha accettato di cedere. Si tratta di dare pratica attuazione a tale deliberazione.
Da tempo i popolari veneziani hanno indicato l'opportunità di realizzare nell'area di Marghera una "free zone"(zona franca) in base a quanto previsto dai regolamenti comunitari.
Il Codice doganale comunitario, infatti, è stato istituito con Regolamento CE n. 450/2008, prevede che gli stati membri possano destinare a zona franca talune parti del territorio nazionale, è stato più volte rinviato nella sua applicazione; l'ultimo rinvio è stato approvato con il Regolamento CE del 10 ottobre 2013 n. 952/2013, che rinvia l'applicazione della Sezione 3 riguardante le Zone Franche alla data del 1 giugno 2016.
La "free zone" è un'area destinata alla promozione del commercio, all'esportazione e all'apertura dell'economia nazionale al mondo esterno. In essa sono ammesse attività industriali, commerciali e dei servizi.
Poiché la Zona Franca costituisce una delle manifestazioni dell'autonomia regionale e la Costituzione italiana prevede queste forme di maggiore autonomia, atteso che il Regolamento comunitario è equiparato, nella gerarchia delle fonti del diritto italiano, alla legge nazionale, l'istituzione di una Zona Franca sul territorio italiano non viola le disposizioni del Regolamento comunitario, che è in vigore dal 10 ottobre 2013.
In tale zona franca intendiamo favorire un nuovo progetto, di natura non industriale, per dare all'area uno sviluppo che consenta di impegnare le forze lavorative presenti nella terraferma veneziana.
Questo non per eliminare le industrie che vi sono: il cantiere navale della Fincantieri è un gioiello di cui la città deve essere fiera ed anche le altre industrie presenti vanno tutelate, pur se inquinanti, sapendo però che non sono loro il futuro.
Le aree di porto Marghera dovranno avere utilizzi ecologicamente compatibili( PMI della green economy. artigianato di produzione e di servizi, terziario avanzato) con l'essere in gronda lagunare, e quindi non inquinanti, e questi utilizzi dovranno valorizzare le aree in termini economicamente compatibili con l'assunzione da parte degli utilizzatori dei costi di bonifica, posto che l'attuale situazione economica del Paese rende poco probabile che questi costi vengano assunti totalmente dallo Stato. Un percorso che sarebbe grandemente facilitato con la costituzione della zona franca.
Su questa linea si è mosso il porto di Venezia, acquisendo molte aree da destinare ad una portualità più commerciale che industriale, ma sono state proposte anche altre destinazioni quali il terminal per le Grandi Navi da crociera, la city della PA-TRE-VE, la città metropolitana tra Venezia Padova e Treviso e una destinazione ad area di commercio internazionale, un grande fondaco per la città di Venezia che è nata ed è diventata ricca come città di commercio del mondo medioevale.
Se Porto Marghera non avrà in futuro una destinazione industriale verrà a mancare nel nord est un'area industriale con accesso diretto dal mare. Potrebbe essere ripreso il progetto di molti anni fa di un'area industriale con queste caratteristiche da edificarsi nel basso Veneto (progetto Venezia Sud) , in terreno alluvionale nel quale non vi sarebbero difficoltà per lo scavo di canali portuali con profondità anche rilevante, canali che per la circolazione delle acque potrebbero utilizzare l'acqua del Po.
Sarà anche da valutare se, in un'eventuale nuova portualità del basso Veneto, possa essere collocato un porto commerciale, in via di ipotesi meno costoso come edificazione dell'isola artificiale prevista al largo di Venezia e meno oneroso come gestione, potendosi prevedere lo sbarco diretto delle merci, in particolare container, senza il doppio passaggio nave / isola e isola / terraferma.
L'idea progetto della "free zone" riteniamo possa costituire una delle più importanti risposte al tema dell'occupazione a Venezia e Mestre con l'attivazione di una miriade di PMI defiscalizzate, inserite in un'area servita dai migliori servizi in stretto collegamento con il polo tecnologico di VEGA e tale da rappresentare un'autentica svolta all'ex zona industriale che ha visto scendere gli occupati dagli oltre 30.000 degli anni passati agli attuali 10.000 addetti in continua decrescita.
In tale area, realizzata la mappa di tutti i vincoli in essa esistenti e di cui va operata un'intelligente ragionevole semplificazione, e adottate le norme anti burocrazia contenute nella legge Severino 31.12.2012,n.235, si potrebbero immediatamente realizzare:
a) il centro direzionale dei servizi, autentica city, di Venezia -Mestre implementando quanto significativamente VEGA con Condotte ha avviato con il progetto EXPOVenice (padiglione Aquae per EXPO 2015) e sulla base della visione strategica per il waterfront di Marghera, terminale privilegiato per l'economia veneziana e veneta e per il traffico marittimo dell'Oriente verso i Paesi dell'Est europeo;
b) il casinò del divertimento su cui a più riprese diverse società internazionali hanno dimostrato la volontà di investire;
c) il palais Lumière, dopo il superamento dell'assurda querelle sulla realizzazione di tale opera, con annessa università della moda, tenendo presente la riconfermata volontà della famiglia Cardin di realizzare l'investimento
Il casinò di Venezia
Ha rappresentato per anni una delle fonti sicure delle entrate per il Comune di Venezia.
Le precedenti gestioni avevano garantito promozione e sviluppo.
Poi l'inversione di rotta le cui cause principali sono così individuabili:
l'assenza di una gestione imprenditoriale all'altezza della situazione e l'ingordigia e l'avidità dell'unico azionista.
Va poi evidenziato il fatto nuovo rappresentato dalla comparsa sul mercato del gioco d'azzardo, prima oligopolistico e retto dal quadrumvirato dei casinò di Campione d'Italia, San Remo, St Vincent e Venezia, dello Stato, che ha distribuito su tutto il territorio nazionale centinaia di migliaia di slot machine al fine di far cassa per l'erario.
Ciò comporta l'esigenza di una nuova strategia e di una rinnovata gestione, considerato anche il fallimento del tentativo di offrire il casinò ai privati, dimenticando le due rovinose gestioni
SAVIAT (1936) e STILE (1963).
Semmai, si dovrà puntare:" ad aumentare il capitale sociale di quanto serve per il rilancio dell'azienda e il risanamento dei conti, concedendo ai privati che hanno un qualche interesse professionale ( produttori di attrezzature per il gioco, emittenti televisive, organizzatori di eventi, ecc.) la possibilità di sottoscrivere l'aumento sino al 49%.
Proviamo a immaginare di offrire una parte di questo 49% a quei lavoratori del casinò che hanno a cuore il destino della loro azienda. Molti di loro potrebbero essere interessati a rinunciare al 50% del TFR riducendo di oltre 4 milioni di Euro l'indebitamento della società, a rinunciare al 50% delle mance per i prossimi tre o quattro anni, apportando in questo modo circa 15 milioni di Euro e diventando azionisti della loro azienda. Naturalmente ad una condizione: il management dovrà essere confermato anno per anno dagli azionisti sulla base dei risultati e non scelto con obsolete logiche partitiche."
Questa crediamo sia la strada da perseguire con l' amministrazione comunale unitamente al progetto di realizzare con capitali privati il grande casinò del divertimento; un progetto realistico con investitori pronti a intervenire e fonte possibile di una nuova e qualificata occupazione giovanile.
[1] L'anno scorso i disoccupati che hanno presentato la cosiddetta Did (dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro) in un Centro per l'impiego della provincia di Venezia sono stati 13.683, dei quali il 48 per cento donne). In totale a fine 2013 i Did accumulati erano 30.241, il numero più alto degli ultimi sei anni e a dir poco allarmante per i problemi sociali che sottintende: dal 2008 al 2013 i disoccupati iscritti ai Cpi veneziani sono cresciuti del 62%, se poi compariamo il numero attuale dei disoccupati iscritti alle liste di chi cerca un lavoro e lo paragoniamo a quelli del 2005 (erano 14.542), scopriamo che sono più che raddoppiati. Anche i valori medi mensili del 2013 pari a 2.520 Did superano le medie mensili degli ultimi sei anni: la media mensile del 2012 è pari a 2.123, mentre negli anni precedenti erano, in ordine decrescente, 2.127, 2.079, 2.118 e 1.557.
La distribuzione dei Did e quindi dei disoccupati che non vogliono essere più tali, nella nostra provincia vede in testa il comune di Venezia-Mestre con il 32% (pari a 9.640 disoccupati in cerca di lavoro); il 22% a San Donà-Jesolo (6.642); il 14% a Portogruaro (4.270); il 12% a Mirano (3.709); l' 11% a Dolo (3.302) ed il 9% (2.678) nel Cpi di Chioggia-Cavarzere.
I dati a disposizione dei Centri per l'impiego mostrano, inoltre, che il numero dei disoccupati per fasce d'età conferma che il numero maggiore di disoccupati è in piena età lavorativa ma non riesce a trovare un'occupazione. I did rilasciati dai Cpi della provincia di Venezia nel corso del 2013 erano così ripartiti: il 21% delle dichiarazione di immediata disponibilità ad un lavoro ha un'età inferiore ai 25 anni; il 51% è di età compresa tra 25 e 45 anni, mentre la fascia di disoccupati di età superiore a 45 anni raggiunge il 28%.
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MERCOLEDI' 14 OTTOBRE sul canale televisivo 7Gold Plus andrà in onda un'intervista di Ettore Bonalberti con l'amico Fabrizio Stelluto sul tema della "free zone a Marghera".
dott. ing. Mauro Nicoletti
Professore a contratto del Politecnico di Milano
Galleria Progresso n°5 - 30027 San Donà di Piave - VENEZIA
Negli ultimi tempi siamo tutti impegnati a cercare nuove opportunità di crescita per il territorio italiano.
L'Italia si trova in un momento di crisi sistemica, riforme istituzionali, semplificazioni, negli ultimi anni sono mancate e ci si trova in una situazione di bassa progettualità futura.
E' certo che la situazione attuale è per tutti molto difficile, sia per i capi di governo (che devono trovare difficili equilibri) sia per i cittadini italiani impegnati dalla durissima crisi economica.
Le fonti ufficiali che si possono citare sono molteplici come:
- Bollettino della Banca d'Italia;
- CNEL, Previsioni per l'economia italiana luglio 2013
- OCSE;
- etc etc.
Una proposta che si vuole proporre è la creazione di Free Zone nel territorio nazionale con i seguenti obiettivi:
1. Attirare investitori stranieri;
2. Sviluppare zone ad alta innovazione tecnologica;
3. Creare dei distretti industriali.
Ma cosè una free zone:
Con il termine Free Trade Zone, o zona economica speciale, si intende un'area, all'interno di uno stato, in cui il governo fissa condizioni agevolate per l'esercizio dell'attività imprenditoriale, con l'obbiettivo di attirare investitori esteri. I vantaggi offerti, di norma, sono: l'esenzione fiscale (spesso è totale per alcuni anni, e poi si trasforma in parziale) sul reddito societario e, talvolta, anche su quello personale; l'eliminazione dei dazi sulla riesportazione dei prodotti realizzati all'interno dell'area; la concessione di terreni e uffici a prezzi agevolati; la piena proprietà dell'impresa, senza obbligo di ricorrere a una joint venture con un partner locale, come succede nella maggior parte degli investimenti esteri nel resto del paese. A questo si aggiungono infrastrutture già pronte, servizi logistici e fornitura di elettricità, gas, acqua a prezzi agevolati.
Si riporta il tema sviluppato in un articolo del sole 24 Ore del 12 agosto da: Micaela Cappellini:
«I vantaggi fiscali? Non ci interessavano. Abbiamo scelto la zona economica speciale dell'aeroporto di Dubai essenzialmente perché volevamo essere fisicamente vicini con una nostra sede ai potenziali clienti del Medio Oriente e dell'Asia. Se però avessimo investito direttamente sul territorio degli Emirati, saremmo stati costretti ad avere un socio locale al 51%: e questo proprio non lo volevamo». Sintetizza così, Andrea Meola, la scelta dell'azienda per cui lavora, la Cesi: un big delle consulenze ingegneristiche sulle infrastrutture di rete controllata tra gli altri da Enel, Prysmian e Terna.
Dopo anni di espansione in Nordafrica e in Sudamerica, la Cesi ora ha deciso di far rotta sulla Cina, l'India e i ricchi mercati mediorientali e delle ex repubbliche sovietiche. Tutti Paesi che distano al massimo cinque ore di volo da Dubai. E la scelta di una zona economica speciale (Sez) è stata perfetta, per allestire un ufficio di rappresentanza: burocrazia pressoché zero, servizi di ogni genere (pulizie incluse), nessun dazio su qualsiasi bene importato o esportato, niente tasse ma soprattutto proprietà al 100%, senza appunto l'obbligo di un socio di maggioranza locale di cui doversi fidare.
Per il suo investimento, la Cesi ha scelto il meglio sulla piazza: secondo Fdi Intelligence, Dafza (la Dubai airport freezone, appunto) guida la classifica 2012 delle migliori zone speciali di tutto il mondo e per quest'anno si è già aggiudicata la palma di migliore Sez del Medio Oriente. Altre 26 aziende italiane l'hanno scelta, il 6% di tutti gli investitori presenti: da Luxottica a Montegrappa, da Ariston a Guzzini. Registrarsi qui costa fra i 10 e i 15mila dirham, circa 2.500 euro, e la licenza costa altri 10mila dirham all'anno. Per una società il capitale minimo è 136mila dollari, ma se si apre solo una filiale non serve nulla. Basta affittare un minimo di 350 metri quadrati di spazio arredamento incluso (Dafza ne ha 169mila) e in automatico si ha diritto a due visti di lavoro ogni 25 metri quadri occupati.
Benvenuti nel mondo delle Zone economiche speciali. Sparse sui cinque continenti, se ne contano circa 3mila, ci dice l'International Chamber of Commerce, per un totale di 135 Paesi coinvolti. Danno lavoro a 68 milioni di persone, per un giro d'affari globale stimato in 500 miliardi di dollari. Ciascuna di queste è una specie di zona franca dove non trovano applicazione alcune delle norme internazionali così come delle leggi fiscali, societarie e del lavoro in vigore negli Stati in cui si trovano. In generale, la burocrazia è semplificata, la proprietà dell'investimento al 100% straniera (anche nei Paesi dove è previsto l'obbligo di un partner locale di maggioranza), c'è l'esenzione dalle tasse (sia quelle d'impresa, sia quelle sulle persone fisiche) e quella sui dazi all'importazione così come alla riesportazione dei beni. Sempre in generale, vengono offerti spazi industriali e accesso facilitato ai servizi di elettricità, acqua e alle altre commodities necessarie per la produzione.
Tremila zone speciali sono un mondo vasto. Come si sceglie quella più adatta? «In primo luogo, dipende dal settore in cui opera l'impresa - spiega l'avvocato Rosario Zaccà, partner dello studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners, per il quale è responsabile del Desk India -. Per esempio, le free zones stabilite in India, in particolare negli stati del Maharashtra, dell'Andhra Pradesh e del Tamil Nadu, si concentrano sull'information technology, sulle biotecnologie e sul tessile. In Cina, invece, le Sez tradizionali, che risalgono agli anni Ottanta (Shenzhen, Zhuhai e Shantou nella provincia del Guangdong, Xiamen nella provincia del Fujian), si focalizzano sui prodotti hi-tech di fascia bassa».
Nei piccoli Emirati arabi, che da soli ospitano qualcosa come 65 zone speciali, oggi va di moda la specializzazione estrema: da Masdar City, che ospita solo imprese legate all'energia rinnovabile e alle tecnologie green, alla TwoFour54, dedicata al mondo dei media digitali, fino alla Gmad di Abu Dhabi, riservata alle banche e alla finanza, compresa quella islamica. «Le free zones negli Emirati oggi sono tra le più dinamiche - prosegue Zaccà - chi viene qui non lo fa solo per servire il mercato locale, ma sfrutta il luogo come porta d'accesso ai nuovi, grandi mercati del resto del Medio Oriente e dell'Africa».
Altro criterio da prendere in considerazione è quello della vicinanza a importanti nodi di trasporto, soprattutto per quelle imprese che puntano a reimportare i prodotti in Italia, oppure a esportarli altrove. Ad esempio deve molto del suo successo al porto, adatto anche alle navi a pescaggio profondo, la Salalah Free Zone, che si trova in Oman, un Paese non certo ai primi posti nell'interesse degli investitori esteri. Eppure qui sono arrivati il colosso belga della chimica Carmeuse e quello indiano della componentistica auto Brakes: per il porto, appunto, e perché dal 2009 l'Oman ha un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti.
Invece il prezzo - di solito, un'una tantum iniziale più una licenza annuale di permesso da pagare all'autorità della Sez - ha poco peso sulla scelta di una Sez: all'interno di uno stesso Stato, varia al massimo di due-tremila euro. I servizi offerti, invece, sono quelli che contano:
«Occorre guardare alle attività di ricerca che già si svolgono in una data free zone - conclude Saccà - alla qualità della manodopera presente, alla possibilità di effettuare outsourcing e trovare aziende fornitrici, nonché alla chance di costruire sinergie con imprese di settori simili, secondo lo schema classico italiano del distretto industriale»
Lo scrivente non è certo un legale o un economo, ma vuole solo proporre un tema all'opinione pubblica su cui forse è importante qualche considerazione.
Certo, l'istituzione di una free zone nel territorio italiano è qualcosa che deve essere armonizzato con la normativa europea è nazionale, ma studiando settori, possibilità di sviluppo etc etc l'Italia potrebbe avere molteplici potenzialità per sviluppare nuove attività imprenditoriali, basti pensare alle potenzialità che l'Italia racchiude:
- ambiente adatto a soggiornarvi;
- città a misura d'uomo;
- piccole aziende capaci di fornire prodotti di altissima qualità;
- poli Universitari di indubbio valore.
Questo articolo vuole essere solo uno spunto di riflessione collettiva per
vedere nuovi scenari di sviluppo economico.
San Donà di Piave, 16 ottobre 2013
ing. M. Nicoletti
Bibliografia:
- L'impresa globale va a caccia di «free zone» di Micaela Cappellini Cronologia 6 settembre 2010
- «Free zone» in espansione di Micaela Cappellini 12 agosto 2013
nota dell'avv.Filippo Fasulo- componente del think tank "VENETO PENSA"
1. Proposta di Legge regionale, su iniziativa di x consiglieri regionali avente ad oggetto l'istituzione sul territorio della Regione Veneto di una zona franca doganale ("VENETO PENSA " ha redatto un testo che può essere messo a disposizione di chi fosse interessato)
2. passaggio per il parere del territorio ove insediare la FZ (se previsto da norme regionali);
3. parere del Comune nel cui sedime è prevista la collocazione (se facoltativo o previsto da norme specifiche);
4. passaggio in Commissione (discussione ed eventuale modifica del testo);
5. passaggio in Aula;
6. invio della proposta di Legge al Parlamento (Siamo in regime di legislazione concorrente ex art. 117 Cost: governo del Territorio).
Contenuto della Proposta di Legge: Preambolo-Relazione socio-economica. Articolato che individua (scelta politica) le aree di sedime, il perimetro, i punti di entrata- uscita ex art. 243 Reg. CEE 952/2013; istituisce l'Autorità che governa la FZ, individua quindi gli immobili e servizi ritenuti utili, stabilisce i criteri di nomina dell'Organo-Autorità soggetto attuatore e gestore e norme per il suo finanziamento e la copertura finanziaria per la realizzazione. Quindi il regime di agevolazioni fiscali per le attività da ospitare.
La proposta di Legge va accompagnata ex art. 17 co. 6 Legge 31 dicembre 2009, n. 196, dalla relazione tecnica, che attiene alla quantificazione degli oneri derivanti da ciascuna disposizione e relative coperture (suggerisco il supporto di una specifica professionalità di alto rilievo scientifico in campo economico per la redazione della relazione tecnica).
SCHEDA FREE ZONE
DEFINIZIONE: E' UN'AREA DESTINATA ALLA PROMOZIONE DEL COMMERCIO, ALL'ESPORTAZIONE ED ALL' APERTURA DELL'ECONOMIA NAZIONALE AL MONDO ESTERNO.
IL REGOLAMENTO CE 952/2013 (10 OTTOBRE 2013), CHE HA ABROGATO IL PRECEDENTE REGOLAMENTO CE 450/2008, ALL' ARTICOLO 243 DA' QUESTA DEFINIZIONE INDIRETTA: "GLI STATI MEMBRI POSSONO DETINARE TALUNE PARTI DEL TERRITORIO DOGANALE DELL'UNIONE A ZONA FRANCA".
QUINDI DETTA ALCUNE INDICAZIONI SULLA SUASTRUTTURA:
1) SULL'AREA PRESCELTA LO STATO STABILISCE I PUNTI DI ENTRATA E DI USCITA;
2) QUINDI LA LORO INTERCLUSIONE, SONO PERIMETRATE E SIA IL PERIMETRO CHE I PUNTI DI ENTRATA ED USCITA SONO SOTTOPOSTI A VIGILANZA E CONTROLLO DOGANALE.
ULTERIORI NORME DI DETTAGLIO ATTENGONO ALLE ATTIVITA', SPECIFICANDO CHE SONO AMMESSE ATTIVITA' :
INDUSTRIALI,
COMMERCIALI
e
SERVIZI
E COSTRUZIONI NELLE ZONE FRANCHE,
L' INTRODUZIONE DELLE MERCI IN ZONA FRANCA ED IL
VINCOLO AL REGIME SPECIALE.
NEI CONFRONTI DELLA COMMISSIONE EUROPEA C'E' SOLO
OBBLIGO DI INFORMAZIONE
SULLA ISTITUZIONE DELLA ZONA FRANCA.
IL REGOLAMENTO CE 952/2012 E' IN VIGORE NEI PAESI COMUNITARI, ANCHE SE L'ARTICOLO 243, SI APPLICA A PARTIRE DALL'1 GIUGNO 2016.
LA REALTA' ITALIANA OGGI RISPETTO ALLA F.Z.
LA REGIONE SARDEGNA DI STRUTTURARE NEL…….LA PROPOSTA DI LEGGE N. 22/A SULLA "ISTITUZIONE DI UNA ZONA FRANCA FISCALE E DOGANALE INTEGRALE" CHE INTERESSA TUTTO IL TERRITORIO DELL'ISOLA, CON ESENZIONI FISCALI, SUI REDDITI SOCIETARI, ELIMINAZIONE DI DAZI SULLA ESPORTAZIONE DEI PRODOTTI REALIZZATI ALL' INTERNO DEL TERRITORIO, AI FINI DI PROMUOVERE LO SVILUPPO DEL TERRITORIO, PREVEDENDO UNA AUTHORITY AD HOC.
LA REGIONE LOMBARDIA, NEL FEBBRAIO 2014 HA EMANATO LA SUA PROPOSTA DI LEGGE N.11 DI "ISTITUZIONE DI ZONA ECONIMICA SPECIALE (ZES) NELLE AREE TERRITORIALI DELLA LOMBARDIA CONFINANTI CON LA SVIZZERA", PREVEDENDO UNA SPESA DI 800 MILIONI PER IL 2014, E 1.200 MILIONI dal 2015, CON REGIME DI AGEVOLAZIONI FISCALI, ESENZIONI DALLE IMPOSTE SUI REDDITI - IERS - PER I PRIMI OTTO PERIODI DI IMPOSTA.
PER LE P.M.I.: L'ESENZIONE DALLE IMPOSTE SUI REDDITI VIENE ESTESA ANCHE AI TRE ANNI SUCCESSIVI NELLA MISURA DEL 50%.
- ESENZIONE DA IMU, TARSU PER GLI IMMOBILI POSSEDUTI DALLE IMPRESE ED UTILIZZATI NELLE NUOVE ATTIVITA' ECONOMICHE,
- RIDUZIONE DEI CONTRIBUTI GRAVANTI SULLE IMPRESE PER LE RETRIBUZIONI DEI DIPENDENTI AL 50% PER I PRIMI 5 ANNI DI ATTIVITA'.
- ESENZIONE DALLE IMPOSTE DOGANALI E IVA
CON OBBLIGO PER LE IMPRESE PRESENTI NELLA ZES:
MANTENERE L'ATTIVITA' PER 5 ANNI,
ASSUMERE IL 90 % DEL PERSONALE NELLA REGIONE LOMBARDIA
L'ESPERIENZA DI DUBAI: ISTITUITA NEL 1985, QUINDI QUALI VENTI ANNI FA, LA JEBEL ALI FREE ZONE DUBAI, OFFRE STRUTTURE, MAGAZZINI, UNITA' INDUSTRIALI, UFFICI IN LOCAZIONE CON CONTRATTI ELASTICI DI UN ANNO RINNOVABILI FINO A 50 ANNI, OSPITANDO FILIALI DI SOCIETA' STRANIERE, O DI SOCIETA' DI EMIRATI ARABI UNITI, SENZA BISOGNO DI CAPITALE IN CONTANTI, CON UN MINIMO DI QUOTA DI REGISTRAZIONE (DA C. 1.300 $ FINO A 1.400 $).
SI POSSONO FORMARE SOCIETA' AD HOC CON TEMPI DA 20 A TRENTA GIORNI
LE SOCIETA' DEBBONO ESSERE IN POSSESSO DI LICENZE PER COMMERCIO, SERVIZI, PRODUZIONE INDUSTRIALE.
COME SI PONE ALLORA UNA F.Z. ALL'INTERNO DI UN TERRITORIO COME QUELLO DI VENEZIA?
VENEZIA HA GIA' UNA SERIE DI VANTAGGI:
UN VANTAGGIO STORICO, CERNIERA NEI COMMERCI TRA OCCIDENTE ED ORIENTE, UN PORTO TRA I PRIMI IN ITALIA, ED UN AEROPORTO CHE FA SISTEMA CON GLI ALTRI AEROPORTI VENETI.
COLLOCAZIONE: LA SCELTA DIVENTA UN DATO POLITICO, DI STRATEGIA E GOVERNO DEL TERRITORIO, NON DIMENTICANDO CHE
L'ART. 116 DELLA COSTITUZIONE PREVEDE ULTERIORI FORME E CONDIZIONI DI AUTONOMIA PER LE REGIONI A STATUTO ORDINARIO, ED
IL SUCCESSIVO ARTICOLO 117 DELLA COSTITUZIONE CI DICE QUALI SONO LE MATERIE DI ULTERIORE AUTONOMIA:
IL GOVERNO DEL TERRITORIO,
PORTI AEROPORTI,
GOVERNO INTESO COME AMMINISTRAZIONE, GESTIONE, PROGRAMMAZIONE.
SE L'ISTITUZIONE DI UNA F.Z. NON RISPONDE A QUESTE FORME E CONDIZIONI PARTICOLARI DI AUTONOMIA, DI COSA PARLIAMO?
SI QUINDI ALLA POSSIBILITA' TECNICO-GIURIDICA DI REALIAZZAIONE DI UNA FREE ZONE IN VENETO, CON UNA PROPOSTA DI LEGGE REGIONALE CHE POI DOVRA' FARE IL SUO PASSAGGIO AL PARLAMENTO.
28.09.2015 - Comunicato stampa
Continua l'attività del think tank "VENETO PENSA". Dopo l'invio a tutte le istituzioni competenti del comune di Venezia e della Regione del Veneto e a tutti i parlamentari veneti eletti in Parlamento, dei documenti elaborati sul progetto della "free zone " a Marghera, il think tank si riunisce Giovedì 1 Ottobre per esaminare il progetto di istituzione della macroregione del triveneto, a seguito della bocciatura da parte della Consulta delle due leggi regionali n.15/2014 ( referendum per l'autonomia) e n.16/2014 (referendum per l'indipendenza).
La tesi del think tank, fatta propria dalla Lista Tosi nel programma elettorale del sindaco di Verona alle elezioni regionali 2015, è quella di utilizzare quanto previsto dall'art.132 della Costituzione, ossia un referendum con il quale la maggioranza degli elettori dei comuni del Veneto, Friuli V.Giulia e Trentino AA.AA, saranno chiamati a dire SI' alla nascita della macroregione del Nord-Est.
Relatore l'avv. Domenico Menorello, componente del think tank "VENETO PENSA", che per primo, a nome della costituente civico popolare del Veneto, ha avanzato tale proposta sicuramente in linea con quanto indicato dalle norme costituzionali della Repubblica.
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ALCUNE NOTE SULL'AUTONOMIA VENETA
Nota dell'Avv.Filippo Fasulo -Think tank "VENETO PENSA"
Cosa si intende per "autonomia"? la scienza amministrativa classica (Landi-Potenza) la definisce come speciale capacità delle persone giuridiche di costituire esse stesse in tutto o in parte, il proprio ordinamento giuridico. Alcune persone giuridiche pubbliche - la Regione tra esse - posseggono autonomia costituzionale, fondata sulle norme della Costituzione ed estesa ad emanare norme con efficacia di leggi formali.
Allora andiamo a verificare le norme della Costituzione che fondano l'autonomia regionale.
Il titolo V tratta delle Regioni, Provincia e Comuni.
L' articolo 114 ci dice subito che le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni.
Solo 5 Regioni godono di speciali forme e condizioni di autonomia; il Veneto invece fa parte delle Regioni a statuto ordinario. In un certo senso le Regioni a statuto speciale godono di privilegi: in sostanza hanno risorse maggiori rispetto alle Regioni a statuto ordinario.
C'è da fare una considerazione storica: la Costituzione è stata approvata dall'Assemblea costituente nel dicembre 1947 ed entrata in vigore dall' 1 gennaio 1948, l'Italia usciva sconfitta da una guerra sanguinosa che aveva distrutto il paese, anche moralmente, ed aumentato il divario tra le Regioni del nord e quelle del sud. In Sicilia erano sorte spinte separatiste, cui si doveva dare una risposta; la Sardegna era sprofondata nell'arretratezza dovuta alla sua insularità e lontananza dal continente; in Trentino e Val d'Aosta erano forti le spinte centrifughe i cui abitanti si sentivano legati all'Austria e Francia, con il Friuli costituivano regioni di confine. Queste peculiarità costituivano elementi di disunità.
Ma oggi questi aspetti, ad oltre 60 anni dall' entrata in vigore della Carta fondamentale, sono ancora attuali? La risposta è no. Andrebbe modificato l'articolo 116, primo comma per eliminare quella che è diventata nel tempo una inammissibile sperequazione; non è un Totem.
Ma nel frattempo le Regioni a statuto ordinario possono reclamare maggiore autonomia nell'ambito delle norme esistenti ?
L'On. Simonetta Rubinato, sostiene di si, e concordo con lei quando sostiene - a proposito delle risorse straordinarie occorrenti per fare fronte al recente disastro sulla riviera del Brenta - che il Veneto può reperire risorse extra attraverso l'autonomia. E lo dice a ragion veduta: le norme che possono consentire al Veneto di pretendere maggiore autonomia in termini di risorse finanziarie - perché in fondo di questo si parla - ci sono. Bisogna individuarle e poi attivarsi.
Verifichiamo queste norme: l'articolo 116 Costituzione, terzo comma prevede ulteriori forme e condizioni di autonomia, concernenti:
A) le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 (della Costituzione): che sono quelle in cui stato e Regioni hanno potestà legislativa concorrente:
- rapporti internazionali e con l'Unione Europea delle Regioni;
- commercio con l'estero;
- tutela e sicurezza del lavoro;
- istruzione;
- professioni;
- ricerca scientifica e tecnologica;
- tutela della salute;
- alimentazione;
- ordinamento sportivo;
- protezione civile;
- governo del territorio;
- porti ed aeroporti civili;
- grandi reti di trasporto e navigazione;
- ordinamento della comunicazione;
- energia;
- previdenza complementare ed integrativa;
- coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
- beni culturali;
- casse di risparmio;
B) ulteriori materie, contenute sempre nell'articolo 117 quali:
- l'organizazione del Giudice di Pace (con buona pace della riforma romana della spending review che ha eliminato gli uffici del G.d.P. nelle piccole località);
- norme generali sull'istruzione;
- tutela dell'ambiente, ecosistema e beni culturali.
Cosa significa materie di legislazione concorrente? Lo dice la Costituzione stessa: l'iniziativa legislativa spetta alla Regione, salvo la determinazione dei principi fondamentali, riservata allo Stato. In sostanza quando la Regione legifera su queste materie attua una sua maggiore autonomia.
Prendiamo ad esempio il governo del territorio, quando la Regione decide di destinare un'aera del proprio territorio a zona franca attua una sua legittima maggiore autonomia.
Ma le Regioni possono pretendere anche una maggiore autonomia finanziaria ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione (nel testo aggiornato dalla Legge Costituzionale 20 aprile 2012, n. 1) sono fatti salvi i limiti derivanti dai vincoli economici e finanziari dettati dall' Unione europea e quindi della finanza pubblica.
Il quinto comma dell'articolo 119 è interessante perché prevede che per promuovere lo sviluppo economico, lo Stato destina risorse aggiuntive a favore delle Regioni.
Il sesto comma è interessante laddove prevede che le Regioni possono ricorrere all'indebitamento per finanziare le spese di investimento, con definizione dei piani di ammortamento e con rispetto dell'equilibrio di bilancio.
Ciò significa che si possono fare gli investimenti: se ad ipotesi la Regione Veneto decidesse, nell'ambito delle sue materie, anche a legislazione concorrente, ai fini di promuovere sviluppo del territorio, di investire su un nodo di trasporto, con progetto che prevede un corretto piano di ammortamento, ma l'impegno di spesa ne viola l'equilibrio di bilancio, dettato dalla situazione contingente, allora il rispetto dell'equilibrio di bilancio finirebbe con la violazione del valore tutelato costituzionalmente della maggiore autonomia reclamata dalla Regione, e si aprirebbe conflitto di attribuzione con lo Stato. Questi sono recessi forieri di conflitto e va quindi investita la Corte Costituzionale senza remore di sudditanza piscologica.
Queste opportunità sono state esplorate? La Regione Veneto può indebitarsi per investire su nuove strade, nodi di trasporto, aree produttive per promuovere lo sviluppo dei suoi territori; oggi più che mai. Lo ha mai fatto? Il principio costituzionale è condivisibile, non si possono buttare i soldi dalla finestra per spese improduttive, ma per quelle che generano sviluppo sì.
C'è una ulteriore arma per la Regione, quando si confronta con lo Stato (parliamo di Stato amministrazione ossia del Governo), è l'emendamento Rubinato alla Legge di Stabilità 2014 - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, entrata in vigore l' 1 gennaio 2014, questa norma è stata introdotta con l' articolo 382 bis: quando leggo questa norma rimango sempre stupito come sia potuta passare, che sia passata mentre tutti dormivano? Mi sembra un colpo di mano, va la pena riportarla, per la parte che interessa:
" anche ai fini di coordinamento della finanza pubblica, il Governo si attiva sulle iniziative delle Regioni presentate al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro per gli affari regionali ai fini dell' intesa ai sensi dell'articolo 116, terzo comma della Costituzione, nel termine di 60 giorni dal ricevimento" (il neretto è mio).
Ma l'articolo 116 della Costituzione di cui parla l'emendamento Rubinato, è quello delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia: il Governo non può più fare finta di niente e chiudere in un cassetto le legittime aspettative di una Regione. Ha l'obbligo di riattivarsi entro 60 giorni. Se lascia correre questo termine, la Regione può, e a mio avviso deve, sollevare conflitto avanti la Corte Costituzionale.
Avv. Filippo Mario Fasulo- THINK TANK "VENETO PENSA"
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Martedì 22 Settembre si riunirà il think tank "VENETO PENSA" per discutere di un progetto di legge per la realizzazione della "free zone" a Marghera.
Il tema avviato dai Popolari veneziani nel Novembre 2013 prevede di realizzare a Marghera la Free Trade Zone, o zona economica speciale. Per essa si intende un'area,
all'interno di uno stato, in cui il governo fissa condizioni agevolate per l'esercizio dell'attività imprenditoriale, con l'obbiettivo di attirare investitori esteri. I vantaggi offerti, di norma, sono: l'esenzione fiscale (spesso è totale per alcuni anni, e poi si trasforma in parziale) sul reddito societario e, talvolta, anche su quello personale; l'eliminazione dei dazi sulla
riesportazione dei prodotti realizzati all'interno dell'area; la concessione di terreni e uffici a prezzi agevolati; la piena proprietà dell'impresa, senza obbligo di ricorrere a una joint venture con un partner locale, come succede nella maggior parte degli investimenti esteri nel resto del paese. A questo si aggiungono infrastrutture già pronte, servizi logistici e fornitura di elettricità, gas, acqua a prezzi agevolati.
Tutto ciò è reso oggi possibile in attuazione al Regolamento CE 450/2008 rifuso nel Regolamento CE 952/2013 che all'art 243 così recita: " Gli stati membri possono destinare talune parti del loro territorio doganale a zona franca".
Un accurato studio è stato elaborato dagli esperti del think tank "VENETO PENSA", tra i quali, l'avv.Filippo Fasulo, l'Ing Mauro Nicoletti, il prof Giampiero Ravagnan, l'ing Edoardo Querci della Rovere, con il coordinamento del dr Ettore Bonalberti. I risultati del loro lavoro saranno inviati ai consiglieri regionali del Veneto e comunali di Venezia e ai rispettivi organi di governo per assumere le azioni più opportune conseguenti.
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TRASPARENZA NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
IL CASO DELL' UNIVERSITA' CA' FOSCARI
Fatto: il TAR del Veneto boccia una delibera dell'Università Ca' Foscari in merito alla vendita/permuta di palazzi di valore storico culturale in cambio di un anonimo palazzo già in uso all' ENEL dagli anni '50 sito in area tra p.le Roma e Campo S:Margherita: "In definitiva, il Collegio non può far altro che rilevare la mancata acquisizione dell'autorizzazione ex art. 58 del d.lgs. n. 42/2004 e pronunciarsi, previo assorbimento delle ulteriori censure proposte, per l'accoglimento del ricorso" (presentato da Italia Nostra )"
L'Università con una nota anonima risponde che «L'Università di Ca' Foscari - si dice - prende atto della sentenza. Nel rispetto delle disposizioni di legge riafferma comunque il diritto di autonomia gestionale del proprio patrimonio immobiliare»
Premesso che l'autonomia delle PA è nel rispetto delle normative di legge, come si evince dai giornali, questa decisione era stata presa dal precedente Rettore Carraro e confermata dall'attuale Rettore Bugliesi pur avendo contrario il personale docente e tecnico che operava in questi sedi e le organizzazione degli studenti.
Scrivono i Sindacati: "Care e cari Lavoratori, in allegato gli articoli della stampa locale sull'esito della sentenza del TAR di Venezia sulla questione permuta/vendita dei 3 famosi palazzi di Cà Foscari. Una vittoria di tutti Lavoratori, Studenti e Docenti, resa possibile dall'Associazione ITALIA NOSTRA, che vogliamo ancora ringraziare. Non possiamo dimenticare il CDA collettivo di difesa, il LISC [studenti] e l'UDU [studenti] l'impegno di tutti ha permesso questo risultato.
UNITI SI VINCE. GRAZIE SALUTI
Cub_Sur Venezia"
Ma il fatto inconcepibile che si evidenzia dalle notizie di stampa - Gazzettino - è che " Ca' Foscari ha tentato fino all'ultimo di portare a termine l'operazione, prima non pubblicando la delibera impugnata; poi apponendovi il segreto previsto dalla normativa dell'insider trading e infine resistendo in tutte le fasi giudiziarie. Ma per Ca' Foscari è andata male».
Ma com'è accettabile che una Pubblica Amministrazione non renda noto una delibera di questa importanza ed opponga il segreto sul contratto a favore di un interesse privato dell'acquirente? L'acquirente società Pensplan Sgr di Bolzano e Trento fa capo ad un fondo di gestione ed ha rapporti anche con Est Capital spa di Gianfranco Mossetto, già assessore a Venezia ai tempi del prof. Cacciari, commissariata dal Ministero delle Finanze nel 2014.
Vi era stata una circostanziata interrogazione parlamentare, senza risposta dell'On Emanuele Prataviera della Lega che si allega per opportuna conoscenza. Essa ricostruisce analiticamente fatti e persone intervenute con diverse responsabilità nella vicenda.
Alla luce della sentenza del TAR è doveroso chiedere al Comune di Venezia, la cui attuale amministrazione non ha responsabilità di fatti, che faccia chiarezza sugli atti che riguardano questa permuta/vendita poiché non è pensabile che un Fondo di Investimento spenda dei soldi se non ha le garanzie di una destinazione di uso.
Il Comune deve chiedere e rendere pubblico l'atto di compravendita /permuta tra Ca' Foscari ed il Fondo acquirente ed evitare che nel suo territorio possano circolare " corsari immobiliari" fuori da progetti di utilizzo non valutati dal Comune.
E nel frattempo della pubblicità degli atti è bene che l'Università si astenga da qualsiasi altra impresa immobiliare, compresa la destinazione del compendio di S.Marta a mega residenza per studenti rivedendo, il suo piano triennale alla luce della sentenza del TAR.
Nota assolutamente positiva è la posizione del TAR del Veneto che ha garantito la non alienabilità di patrimonio storico vincolato ad attività culturali, unica vera risorsa della Città per una residenza temporanea di alta qualità per studenti e studiosi da tutto il Mondo.
Il Think Tank: VENETO PENSA si attende una risposta positiva dal Sindaco Brugnaro e dalla sua giunta.
______________________
I Popolari di Venezia si sono riuniti ieri a Venezia e hanno avviato l'attività del think tank "VENETO PENSA".
Obiettivo di questo "serbatoio del pensiero": occuparsi di analisi delle politiche pubbliche con particolare riferimento a quelle di interesse del Comune di Venezia e della Regione del Veneto.
Un gruppo di ricercatori, professionisti e tecnici di diverse discipline ( sociologia, economia, psicologia, scienze ambientali, urbanistiche, dei trasporti, sanitari e dei servizi sociali) analizzerà i più rilevanti temi di interesse pubblico e la capacità di risposta delle istituzioni. Il primo oggetto di analisi e di indicazione operativa è quello inerente alla realizzazione della "free zone" (zona franca) nell'area di Marghera; una straordinaria opportunità per offrire una speranza di lavoro ai giovani di Venezia e del Veneto.
Il consiglio comunale di Venezia, nella riunione del 16 giugno 2014 ha approvato la costituzione della newco che gestirà i 110 ettari di Porto Marghera che Syndial (gruppo Eni) ha accettato di cedere. Si tratta di dare pratica attuazione a tale deliberazione.
Da tempo i Popolari veneziani hanno indicato l'opportunità di realizzare nell'area di Marghera una "free zone"(zona franca) in base a quanto previsto dai regolamenti comunitari.
Il Codice doganale comunitario, infatti, è stato istituito con Regolamento CE n. 450/2008, prevede che gli stati membri possano destinare a zona franca talune parti del territorio nazionale; dopo fasi alterne di discussione, l'ultima decisione è stata approvata con il Regolamento CE del 10 ottobre 2013 n. 952/2013, che rinvia l'applicazione della Sezione 3 riguardante le Zone Franche, alla data del 1 giugno 2016.
La "free zone" è un'area destinata alla promozione del commercio, all'esportazione e all'apertura dell'economia nazionale al mondo esterno. In essa sono ammesse attività industriali, commerciali e dei servizi.
Poiché la Zona Franca costituisce una delle manifestazioni dell'autonomia regionale e la Costituzione italiana prevede queste forme di maggiore autonomia, atteso che il Regolamento comunitario è equiparato, nella gerarchia delle fonti del diritto italiano, alla legge nazionale, l'istituzione di una Zona Franca sul territorio italiano non viola le disposizioni del Regolamento comunitario, che è in vigore dal 10 ottobre 2013.
Tale tema è stato posto dai Popolari veneziani all'attenzione della Giunta regionale del Veneto già nel Giugno 2014 e, poiché il regolamento europeo sarà applicato dal 1 Giugno 2016, è indispensabile avviare le procedure per la costituzione della "free zone" sin dai primi atti del consiglio regionale.
Sul piano istituzionale, il secondo tema oggetto di studio e di proposta sarà quello del referendum secondo quanto indicato dall'art 132 della Costituzione per la macro regione del Nord-Est.
Infine grande interesse " Veneto pensa" rivolgerà alle modalità di organizzazione della città metropolitana di Venezia e al sistema delle aziende partecipate comunali.
Insomma un modo per offrire ai consiglieri comunali e regionali un utile contributo di idee e di proposte e per monitorare l'attuazione dei programmi presentati dal Sindaco di Venezia e dal Presidente della Giunta regionale ai loro organi deliberativi di riferimento.
Connessione della rete di "VENETO PENSA" attraverso il sito: www.insiemeweb.net e con altre avanzate tecnologie informatiche (AKRON) per l'informazione e la formazione a distanza.
L’Italia vive la realtà istituzionale regionale diversificata
tra cinque Regioni a statuto speciale e 15 regioni a statuto ordinario; 20
Regioni che hanno raggiunto un livello di costi non più sostenibile
dal bilancio nazionale
Una congerie
di competenze accumulate in maniera confusa e progressiva:
dai decreti delega che, dal 1977, hanno affidato alle regioni molte
competenze amministrative, alle caotiche funzioni relative al controllo del
territorio, ripartite e spesso rimpallate tra regioni, province e comuni, sino
al decentramento delle leggi Bassanini e alla modifica del Titolo V della
Costituzione con l’invenzione delle competenze concorrenti, fonti del caos
permanente dei ricorsi presso la Corte Costituzionale. E’ questa la triste
realtà in cui versa il nostro regionalismo permanendo l’ormai incomprensibile,
iniqua e anti storica differenziazione tra regioni a statuto ordinario e regioni
a statuto speciale.
Se a questa
gravissimo ircocervo istituzionale si aggiunge una sostanziale irresponsabilità
amministrativa delle Regioni che vivono una schizofrenica situazione, tra
competenze dirette in materia di spesa e competenze pressoché nulle in
materia di entrate, in larga parte derivate dallo Stato, e, dulcis in fundo,
gli immorali comportamenti sperimentati con i casi di corruzione-concussione
(MOSE e affini) e scandalo di rimborsopoli, appare pressoché impossibile
difendere l’attuale assetto istituzionale regionale.
Della
lezione regionalista sturziana si è data una interpretazione fuorviante che si
è accompagnata da un esercizio distorto delle competenze che, in origine,
avrebbero dovuto restare quelle di legislazione, programmazione e controllo e
che, viceversa, sono diventate sempre più funzioni di gestione diretta e
indiretta attraverso una congerie di enti e aziende partecipate che concorrono
in larga misura all’enorme deficit strutturale dell’Italia.
Di qui la
necessità di ripensare al nostro assetto istituzionale ricollegandoci a una
corretta interpretazione del pensiero regionalista sturziano e alla lezione del
prof Miglio che, per primo, teorizzò l’idea delle macroregioni come possibile
soluzione al complesso e disorganico processo di formazione storico politica
dell’unità nazionale.
E’ un tema
che è presente anche in Francia, dove Il primo ministro francese, Manuel Valls,
ha proposto di “ridurre della metà il numero delle regioni” entro il 2017 e di
sopprimere i consigli dipartimentali (province) “entro il 2021″.Le Regioni
passerebbero dalle attuali 22 a 12 con un risparmio di spesa annuo
previsto tra i 12 e i 15 miliardi di €: una robustissima riduzione di spesa
pubblica.
Sostenitori
della tesi del prof Miglio, da anni proponiamo in Italia il
passaggio dalle attuali 20 regioni a 5- 6 macroregioni. E’ di questi
giorni la presentazione di un progetto di legge da parte di due deputati PD,
Roberto Morassut e Raffaele Ranucci, che prevede la riduzione delle attuali 21
regioni a otto regioni così individuate: Regione Alpina (Piemonte-Liguria – Val
d’Aosta)-Lombardia- Regione Triveneto- Regione Emilia-Romagna-Regione
Appenninica- Regione Adriatica- Regione Roma Capitale- Regione
Tirrenica-Regione del Levante-Regione del Ponente- Regione Sicilia-Regione
Sardegna. Insomma la proposta comincia a farsi strada.
Nel Veneto
viviamo l’ormai insostenibile condizione di terra di confine con due regioni a
statuo speciale quali il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige.
E’ stata
l’intuizione dei democratici cristiani veneti a sviluppare agli inizi degli
anni’80 l’idea di Alpe –Adria, nella concezione berniniana dell’Europa delle
Regioni, nella quale un ruolo trainante poteva e doveva essere assunto
dall’area del Nord-Est o del Triveneto.
Esaurita la
falsa prospettiva dell’indipendenza del Veneto assai più realistica può
diventare quella della costruzione della macroregione del Nord-Est o del
Triveneto.
Non si
tratta di togliere o ridurre l’autonomia che, seppur in maniera diversa, godono
oggi il Friuli V. Giulia e il Trentino Alto Adige, ma, di spalmare
su tutte e tre le regioni la stessa autonomia.
Ci
soccorrono due articoli della nostra Costituzione ai quali possiamo ricorrere:
Articolo 116
(vedi ultimo comma)
Il Friuli
Venezia Giulia [cfr. X], la
Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallée
d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i
rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.
La Regione
Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e
di Bolzano.
Ulteriori
forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al
terzo comma dell’articolo 117 e le
materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l),
limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono
essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della
Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui
all’articolo 119. La legge è
approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di
intesa fra lo Stato e la Regione interessata.
E’ la strada
che è stata avviata dalla Regione Veneto e che ci auguriamo possa essere
accolta positivamente dal Parlamento w dal governo.
Articolo 132
Si può con
legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di
Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione
d’abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino
almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum
dalla maggioranza delle popolazioni stesse [cfr. XI].
Si può, con
l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle
Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum
e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che
Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed
aggregati ad un’altra.
Questa
dell’art.132, è l’ultima possibilità che ci rimarrebbe da sostenere, anche
attraverso il referendum consultivo, certamente privo di efficacia giuridica
concreta, ma dall’indubbio valore politico, sull’autonomia del Veneto.
Di questo
abbiamo discusso a Verona il 20 dicembre scorso, sulla base di una lectio
magistralis sul federalismo regionale del prof Luca Antonini, con Mario
Mauro (Popolari per l’Italia), Flavio Tosi (Lega) e Mario Blocket (CSU)
riscontrando una grande condivisione strategica e di prospettiva politica.
E’ tempo di
passare dalle parole ai fatti e procedere secondo le strade indicate dalla
nostra Carta.
Ettore
Bonalberti
28/12/2014
Nasce anche nel Veneto il coordinamento civico popolare del Patto di Orvieto
Postato da admin [13/01/2016 23:04]
Si sono incontrati a Padova, Martedì 12 gennaio, gli amici della Costituente civico popolare del Veneto.
Erano presenti i rappresentanti dei sottoscrittori del Patto di Orvieto (ALEF, Popolari per l'Italia, Popolari Liberali), gli amici del FARE-Lista Tosi, di Italia Unica, del Partito dei Pensionati, del Partito Repubblicano Italiano e del NCDU.
Dopo un'introduzione di Ettore Bonalberti con la presentazione dei documenti di Rovereto e di Orvieto di cui è uno dei firmatari, nei quali è indicato l'obiettivo della ricomposizione dell'area popolare, laica, liberale e riformista, sono intervenuti, tra gli altri:
Domenico Menorello, coordinatore dei Popolari per l'Italia del Veneto, il quale ha ribadito l'esigenza che anche nel Veneto si debba superare la frammentazione esistente nell'area centrale e costruire una piattaforma federativa senza alcuna volontà di omologazione, ma puntando a ritrovarsi uniti nel nome della sussidiarietà e contro la demagogia, forti dell'esperienza della piattaforma pluralista messa in campo nel Venetp alle scorse elezioni con la candidatura Tosi.
Fabio Venturi, a nome del Movimento del FARE di Flavio Tosi, ha evidenziato la volontà del movimento a porsi in ascolto attento a quanto si muove nella realtà del Veneto, per costruire un'alternativa al trilemma Renzi,Grillo e Salvini con la formazione di un vasto movimento popolare centrale aperto al dialogo ed equidistante senza pregiudiziali da tutti gli attuali partiti.
Aldo Pagano del PRI ha espresso adesione alle proposte indicate dai documenti di Rovereto e di Orvieto, così come Paolo Avezzù ha portato l'adesione al patto di Orvieto già espressa nel precedente incontro di Rovigo con Carlo Giovanardi dei Popolari Liberali.
Maurizio Marcassa, a nome del partito dei Pensionati, ha ribadito interesse e condivisione alle iniziative già avviate con la Costituente civico popolare del Veneto.
Particolarmente interessanti gli interventi di Lorenzo Antonini, responsabile del Veneto di Italia Unica, il partito che fa riferimento a Corrado Passera, anch'egli disponibile con il movimento presente nel Veneto a concorrere alla costruzione di un comitato di coordinamento tra le diverse anime dell'area laica, liberale e popolare veneta.
Altri interventi da parte di Antonio Foresta , Sebastiano Arcoraci, Roberto Zarpellon e Giorgio Zabeo anch'essi disponibili a concorrere alla costruzione del nuovo progetto politico.
Si è deciso di proseguire il dibattito Venerdì 29 Gennaio, con la volontà di organizzare in tutte le realtà territoriali venete dei comitati civico popolari per la partecipazione politica dei cittadini ed elettori, a partire dai comuni che saranno interessati dalle prossime elezioni amministrative di primavera.
Ecco il Nuovo Consiglio Regione Veneto
Postato da admin [15/06/2015 22:24]
La composizione del nuovo Consiglio Regionale del Veneto è stata definita stamani con la proclamazione del presidente della Giunta regionale e dei consiglieri regionali eletti ad opera dell'Ufficio centrale regionale presso la Corte di Appello di Venezia. Il presidente della Giunta regionale sarà Luca Zaia. I consiglieri che siederanno a Palazzo Ferro Fini per la decima legislatura sono: per la Lista Zaia, Gianpaolo Bottacin, Fabrizio Boron, Luciano Sandonà, Gabriele Michieletto, Silvia Rizzotto, Sonia Brescacin, Nazzareno Gerolimetto, Alberto Villanova, Francesco Calzavara, Fabio Barbisan, Stefano Valdegamberi, Nicola Finco, Manuela Lanzarin. Per la Lega Nord: Roberto Marcato, Giuseppe Pan, Stefano Falconi, Gianpiero Possamai, Riccardo Barbisan, Gianluca Forcolin, Alessandro Montagnoli, Luca Coletto, Roberto Ciambetti, Marino Finozzi. Forza Italia sarà rappresentata da Otello Bergamo, Massimo Giorgetti ed Elena Donazzan. Consigliere per Indipendenza Noi Veneto sarà Franco Roccon. Per Fratelli d'Italia Sergio Berlato.
Per Alessandra Moretti (candidato presidente con il secondo numero di preferenze) sono stati eletti: Graziano Azzalin, Stefano Fracasso, Bruno Pigozzo, Piero Ruzzante, Orietta Salemi, Claudio Sinigaglia, Andrea Zanoni e Francesca Zottis per il Pd; la lista Moretti presidente sarà rappresentata da Franco Ferrari e Cristina Guarda, mentre Pietro Dalla Libera è stato eletto per Veneto Civico. Il Movimento 5 Stelle porterà a Palazzo Ferro Fini cinque consiglieri: Jacopo Berti, Simone Scarabel, Erika Baldin, Manuel Brusco e Marco Dalla Gassa. La coalizione che sosteneva Flavio Tosi sarà rappresentata dai "tosiani" Andrea Bassi, Maurizio Conte e Stefano Casali, da Marino Zorzato per Area Popolare e da Giovanna Negro per il Veneto del Fare. Dieci le donne che andranno a prendere posto a Palazzo Ferro Fini (19,6% dell'intero Consiglio; prima era il 6,5%, con quattro elette alle regionali del 2010). I più votati alle regionali del 31 maggio sono risultati Berlato (10.422 voti), Giorgetti (8.468) e Berti (7.904 voti). Dalla data della proclamazione decorre il termine di 10 giorni previsto dal Regolamento del Consiglio regionale per la seduta di insediamento del Consiglio regionale con all'Ordine del giorno la elezione del Presidente del Consiglio regionale e dell'Ufficio di presidenza.
L'affluenza alle urne nel Veneto è stata la più elevata d'Italia, ma il 9,2% in meno rispetto alle regionali del 2015 e il 6,7% in meno rispetto alle europee del 2014. Ha votato il 57,2 % degli elettori con il restante 42,8% che ha deciso di disertare.
Ha stravinto Luca Zaia, la cui lista è il primo partito del Veneto (23,1 %) seguito dalla Lega Nord (17,8%). Il PD è al minimo storico del 16,7% seguito dal M5S (11,9%). Forza Italia in caduta libera al 6% e la lista Tosi al 5,7%, mentre l'alleanza costruita attorno alla sua candidatura giunge all'11,9%, alla pari del M5S che raccoglie qualche centinaio di voti assoluti in più.
Sintesi estrema del voto: i veneti hanno inteso ridare fiducia al governo del Presidente Zaia il quale, se non avesse subito il diktat di Salvini e accettato l'espulsione di Tosi dalla Lega, avrebbe confermato quel risultato del voto, superiore al 60%, di cinque anni prima.
Noi della costituente civica e popolare che eravamo già stati elettori di Zaia, questa volta abbiamo votato per Flavio Tosi, nella convinzione che attorno alla sua candidatura si potesse far partire il processo di rinnovamento e la formazione di un nuovo soggetto politico alternativo al renzismo e ai populismi di destra e di sinistra.
Molti degli elettori tradizionali del centro-destra da noi interpellati durante la campagna elettorale, ci hanno confermato che, nel timore di un effetto boomerang, avrebbero ridato il proprio voto a Luca Zaia. Prova ne sia che la lista del Presidente supera nei voti la stessa Lega Nord. Insomma, piuttosto di suddividere il voto dei moderati anti renziani, con il rischio di far vincere la pulzella vicentina Moretti, hanno preferito riconfermare la fiducia al governatore uscente. Ora il Veneto è totalmente e senza più alibi e giustificazione alcuna nella responsabilità di governo di Zaia e della Lega
Il PD dovrà curarsi le ferite di una botta tremenda che suona palese sconfessione non solo della candidata prescelta, ma della stessa politica renziana nazionale.
Forza Italia, dopo le nefande vicende del duo Galan-Chisso, difficilmente supererà il trauma e la crisi di leadership nella quale è precipitata. E non sarà il buon risultato di Toti in Liguria, frutto più della divisione interna del PD che della forza alternativa del centro-destra a coprire la crisi di leadership e di consenso elettorale del partito del Cavaliere. Tuttavia rimane intatta la necessità della sua partecipazione all'annunciato nuovo soggetto, specie dopo che Forza Italia con l'aiuto di Area Popolare hanno colpevolmente favorito e sostenuto l'approvazione della sciagurata legge dell'Italicum.
Più complessa la valutazione che dovremo fare noi popolari. Si è raccolto l'11,9 % a livello regionale intorno a Tosi, largamente concentrato nel collegio di Verona (26,7%), con presenze differenti negli altri collegi provinciali : 11,6% a Belluno, 11,6% a Padova, 11,3% a Rovigo, 6,3% a Treviso, 8,2% a Venezia, 8,1% a Vicenza, mentre Area Popolare , nata dalla recente confluenza dell'NCD e dell'UDC resta ferma al palo di un modestissimo 2% regionale con l'alleato "Veneto del Fare" ridotto al misero 1,4%.
Insomma un'assurda frantumazione politica sintomo, se non di una morte politica annunciata, di uno stato di coma irreversibile.
Eppure proprio da quell'11,9 % attorno a Tosi si dovrà ripartire, in previsione di lavorare per la ricomposizione dell'area popolare, laica liberale e riformista alternativa al renzismo che subisce il primo duro colpo nella sua marcia trionfale e ai populismi delle estreme. Anche Salvini dovrà rendersi conto che, pur espandendo la sua presenza anche al Sud, oggi terreno esclusivo del governo del PD ( e in Campania siamo curiosi di vedere con quali giochi di prestigio Renzi supererà la forca caudina della legge Severino per l'"impresentabile" De Luca) solo il Veneto resta la sua isola felice.
Premessa indispensabile, specie per quel double face di Alfano che esce distrutto da questa tornata elettorale, è la coerenza delle scelte politiche. Per lui, come per gli amici che ancora mantengono i piedi in due staffe, dentro e fuori del governo, si imporrà la scelta di una decisione non più rinviabile per tentare di recuperare nella linearità dei comportamenti politici, la perduta credibilità verso quel 50% di italiani che non credono più nella politica e non vanno a votare. Questa è la precondizione per qualsiasi progetto di ricostruzione dell'alternativa indicata.
Già qualcosa si muove e Mercoledì a Roma, alla Pastor Bonus in Via Aurelia si riuniranno alcuni esponenti di associazioni, gruppi e movimenti di vario orientamento politico e culturale per lanciare "l'appello agli italiani" al fine di avviare un nuovo "Grande Progetto" politico partendo senza pregiudiziali e leadership precostituite o annunciate dalle realtà locali e regionali del nostro Paese.
Indirizzo: Via Marignana, 114 - Mogliano Veneto (TV)
Curiculum
Studi
1976
Diploma di Ragioniere e Perito Commerciale conseguito presso l'istituto " G. Parini "di Mestre
Esperienze formative
ü Corso di marketing rivolto alle vendite;
ü Corso dedicato al segmento produttivo nei tempi e metodi;
ü Partecipazione al convegno sulla nuova legge del fallimento;
ü Partecipazione al convegno sulle responsabilità degli Amministratori;
ü Partecipazione al convegno sulla contraffazione dei marchi e la loro tutela.
Esperienze professionali
2012-oggi - ABBAV (Presidente)
Carica di Presidente dell'Associazione di categoria extra alberghiera (Associazione Bed and Breakfast Appartamenti e Affittacamere). Nel corso della presidenza sono stati affrontati e raggiunti i seguenti risultati:
ü accordo raggiunto con il Comune di Venezia e a seguito ricorso Avvocatura Civica per il letto aggiunto nelle strutture ricettive;
ü Ricorso al TAR per il riconoscimento delle "aree turistiche" sulla terraferma del Comune di Venezia. Risultato ottenuto aprile 2015.
ü Creato "Profexav nazionale": un protocollo di intesa al quale hanno aderito le associazioni di categoria a livello regionale per imminente accordo con Federalberghi Italia. Il risultato finale sarà "alberghiero e extra-alberghiero" riuniti in un'unica identità che rappresenterà a livello nazionale la ricettività;
ü Discussione Legge Regionale 11/13 e 45/14 con i tecnici della Regione e con il Presidente della VI commissione dott. Cenci;
ü Accordo con la Siae per uno sconto 45% sul canone;
ü Accordo Istituti Credito per agevolare l'imprenditoria degli associati e Veneto Sviluppo.
2007-2012 - ASCOM (Mestre) collaborazione
60 ore formative, nelle materie: marketing, comunicazione, organizzazione gestione, approv. Stoc., il ruolo, cassa, pagamenti incassi, elementi base tenuta contabilità, legge 626/94 funzionalità degli imballaggi,
2006 - AGFORM (Mestre)
100 ore formative, nelle materie: marketing, comunicazione, concetti di organizzazione e gestione, il processo di approvvigionamento e di stoccaggio, il ruolo, le funzioni di cassa, sistemi di pagamento e incasso, elementi di base tenuta contabilità , sistemi tutela cliente in base alla legge 626/ 94
2004 - LIQUIDATORE
1987 - AMMINISTRATORE UNICO
Moduli amministrativi di mia conoscenza: Tenuta Contabilità fino al bilancio : piano dei conti , inserimento dati contabili, anagrafiche , prima nota contabile , fatturazione, registrazione clienti e fornitori, con caricamento one line pagamenti con le banche, gestione magazzini, banche con quadratura E.C., schede contabili clienti e fornitori, liquidazioni IVA mensile annuale, elenchi Intrastat, gestione ordini da clienti e fornitori, parcelle agenti, con liquidazione Enasarco, certificazioni Ritenute, analisi delle statistiche delle vendite e acquisti, ammortamenti , analisi del bilancio di fine anno con relazione sui risultati, comparazione con quelli precedenti e la proiezione per l'anno nuovo. Gestione del personale, gestione agenti, gestione programmazione rotazione delle vendite , gestione e programmazione acquisti , gestione della produzione con analisi dei tempi e metodi, rapporto con le banche, clienti, fornitori.
1984 - CONTABILITA'
Rapporto con la clientela per la vendita da banco, chiusura delle casse con quadratura serale, controllo del denaro di grosso taglio e la verifica che le carte di credito siano del titolare con il controllo del documento. Gestione di un fondo cassa per piccoli pagamenti e relativa quadratura giornaliera con stesura di una Prima Nota di cassa. Acquisti merce destinata alla vendita.
1972 - LAVORO INDIPENDENTE SEGMENTO AMMINISTRATIVO
Conoscenze linguistiche
Francese parlato (buono) scritto (buono)
English parlato (buono) scritto (buono)
Italiano parlato (madre lingua) scritto (madre lingua)
Conoscenze informatiche
Microsoft Office: buono
Microsoft Windows 7: buono
Microsoft Windows 8/8.1 buono
La sottoscritta dichiara di essere a conoscenzadell'art. 13 della legge 31/12/96 n° 675, e consente al trattamento ed alla comunicazione dei propri dati qualificati come personali dalla citata legge con particolare riguardo a quelli sensibili nei limiti e per le finalità precisate nell'informativa.
Ondina Giacomin
Siglato il pattto tra Tosi e i popolari e riformisti del Veneto
Presso l'Istituto Superiore di Scienze religiose dei Serviti di Monte Berico, lo stesso luogo in cui nel settembre 2014 si era dato avvio alla costituente civica e popolare del Veneto, ieri si sono incontrati gli amici popolari e riformisti di tutte le province venete con Flavio Tosi, candidato alla guida del governo del Veneto alle prossime elezioni regionali.
Domenico Menorello ha aperto l'incontro ricordando le tappe che hanno condotto i popolari all'incontro con Tosi, ponendosi tra i primi a sostenere la sua candidatura sulla base di due obiettivi condivisi: il valore dell'autonomismo intelligente regionale e l'applicazione concreta del principio di sussidiarietà alla base delle politiche del Veneto.
Sostenuti dai lavori svolti nei mesi precedenti con la scuola popolare della costituente civica, popolare e riformista, durante i quali si sono analizzate le reali possibilità di declinazione della sussidiarietà nel welfare, nell'economia e nelle istituzioni, si è potuto consegnare a Tosi il manifesto per un Veneto Popolare, la bella pubblicazione che raccoglie analiticamente il proficuo lavoro svolto dalla scuola e che si intende venga assunto quale contributo significativo nel programma del futuro Presidente.
Il sottoscritto, ricordando le sue origini democratico cristiane, ha sottolineato l'interesse suscitato da Flavio Tosi sia come sindaco di Verona, che dalla sua pubblica autodefinizione di "leghista democristiano", nonché dall'espressa volontà di concorrere a rappresentare gli interessi e i valori di un Veneto popolare, liberale e riformista, sicuramente in larga parte moderato, ma mai lepenista nella versione peggiore come quella impersonata da Salvini, sponsor di uno spaesato Zaia.
Tredici gli interventi assai qualificati degli amici in rappresentanza dei popolari, liberali e riformisti appartenenti alla costituente del Veneto, tutti accomunati dalla volontà di " essere non solo convinti, ma coinvolti" nel processo che ci porterà alla stesura del programma di Tosi e alla formazione delle liste regionali a sostegno della sua candidatura.
Evidenziato il colpevole errore politico e culturale di Luca Zaia con la scelta da lui compiuta di soggiacere agli ukase della giovane vedetta lombarda, contro la migliore tradizione dei veneti gelosi della loro autonomia, da tutti è stata espressa la volontà di condurre con Tosi l'avvio di un progetto valido non solo per il Veneto, ma un modello politico di riferimento per tutto il Paese.
Concorrere alla costituzione di un nuovo centro sul modello del vincente UMP francese, inserito a pieno titolo nel PPE, alternativo al sistema di potere renziano che sta sviluppando progressivamente i pericolosi tratti di "una democrazia senza rappresentanza".
Puntuali le risposte di Flavio Tosi ai diversi quesiti posti dagli intervenuti. Confermata la sua qualifica di "leghista democristiano" perché " la DC ci ha insegnato come si fa la politica tra la gente e per la gente" con pieno sostegno al metodo di partecipazione di tutti al lavoro della squadra. La Persona al centro della proposta politica e il lavoro come obiettivo primario da garantire soprattutto ai giovani. La sussidiarietà come metodo di governo da adottare in tutte le scelte nelle quali essa possa essere concretamente realizzata. Introduzione del quoziente familiare nelle politiche fiscali della Regione, assegnando alla famiglia con la persona il ruolo centrale della politica da realizzare.
Confermate le adesioni alla sua candidatura di numerose liste civiche, di Area popolare in versione civica, della lista dei pensionati, di numerose liste autonomiste, accanto alla lista del presidente Tosi, di fatto con l'incontro di Monte Berico si sono celebrati gli sponsali tra la costituente civica, popolare e riformista del Veneto e Flavio Tosi.
In un'annunciata prossima conferenza stampa agli sponsali seguirà il matrimonio ufficiale che sarà pubblicizzato anche da un incontro con la CSU bavarese a Monaco di Baviera, dove si intende consolidare un proficuo rapporto con i popolari di quell'importante realtà regionale in vista di realizzare anche in Italia la proposta di macroregioni su cui da tempo con Tosi si è riscontrata una forte condivisione.
Ettore Bonalberti
Venezia, 30 Marzo 2015
Prima che sia troppo tardi
Postato da admin [24/03/2015 20:43]
Avevo scritto così dei veneti: moderati sì, ma non lepenisti.
Il risultato del voto in Francia dovrebbe far maturare il nostro Luca Zaia, comprendendo che, restando ancorato a una Lega veneta spaccata e alla figura della vedetta lombarda lepenista di Matteo Salvini, non va da nessuna parte.
Flavio Tosi ha avuto il merito di comprendere da "leghista democristiano" che la natura dei veneti sta tutta in quella definizione suddetta e che a lui è toccato il compito di ricostruire l'unità del centro.
Non a caso sulla sua proposta, che gli è costata un'improvvida e suicida espulsione dal movimento che aveva scelto oltre vent'anni or sono, hanno trovato immediata adesione i componenti della costituente civica e popolare dei veneti, degli amici della Lega del presidente dell'AP di Treviso, Muraro e di altri movimenti indipendentisti, insieme agli amici di Area popolare e di larga parte della stessa Forza Italia del Veneto.
Il consiglio che con l'amico Vittorio Zanini, popolarissimo leader politico trevigiano, intendiamo rivolgere a Tosi e a Zaia è il seguente: a Tosi compete l'opera di ricostruzione del centro politico del Veneto, che potrà collegarsi alla migliore tradizione politica dei cristiano sociali bavaresi sui temi dell'autonomia regionale, mentre a Zaia corre l'obbligo di superare i condizionamenti e gli sbarramenti improvvidi di Salvini per evitare di consegnare, senza nemmeno bisogno di combattere, il governo del Veneto alla simpatica pulzella vicentina del PD.
Tosi non ha mai rivendicato per sé il ruolo di governatore, essendo il suo progetto indirizzato a un diverso livello di responsabilità. Spetta, dunque, a Zaia far sì che le molte liste civiche che sostengono Tosi possano confluire sulla sua persona, sulla base di un accordo con Tosi, che anche noi popolari veneti siamo pronti a favorire, per continuare a garantire al Veneto il governo nella continuità della sua migliore tradizione politica.
E' tempo di un saggio realismo politico e di un'apprezzata disponibilità, prima che sia troppo tardi.
Ettore Bonalberti
Venezia, 24 Marzo 2015
Veneto Popolare ai Popolari
Postato da admin [15/03/2015 21:29]
Con l'assemblea di Verona svoltasi ieri, durante la quale Flavio Tosi ha annunciato la sua candidatura alla presidenza della Giunta regionale del Veneto, si è aperta una nuova fase nella politica della nostra regione.
La lunga stagione che ha fatto seguito ai venticinque anni pressoché ininterrotti di supremazia democratico cristiana (1970-1995) è definitivamente conclusa.
Quelli che avevano ereditato larga parte del consenso del "Veneto bianco", Forza Italia e Liga Veneta, sono giunti: i primi, all'indecorosa conclusione con l'arresto e il patteggiamento della pena di Galan e Chisso, e la Liga al decreto salviniano di espulsione di Flavio Tosi dal partito in cui aveva militato da oltre vent'anni.
Salvini, sulla base dei sondaggi, è convinto che Luca Zaia riuscirà lo stesso a conservare la guida del governo veneto. Noi, invece, riteniamo che sarà molto più difficile per il governatore uscente sfangarla, dopo quanto è accaduto in questi anni di egemonia-dominio del potere a senso unico nella nostra Regione.
Quelli che avevano gridato alla necessità di porre fine alla lunga stagione del governo DC sono finiti miseramente, espressione di una classe digerente più che dirigente, vorace e senza pudore. Con essa si sono intrecciati gli interessi di alcuni esponenti del PD e delle cooperative rosse di riferimento, di qua e di là del Canal grande, in un intreccio affaristico e di tangenti da far apparire come dei chierichetti coloro che, al tempo del dominio DC-PSI, furono accusati degli stessi reati con assai minori implicazioni sul piano degli accaparramenti di tipo personale.
Come reagirà l'elettorato veneto e veneziano al marciume che ha coinvolto i partiti maggiori della seconda repubblica, senza distinzione tra quelli al governo e quello all'opposizione, lo sapremo al voto di Maggio per le regionali e per il comune di Venezia. Intanto registriamo positivamente la scelta di Flavio Tosi, " leghista democristiano", che, insieme a noi, denuncia la deriva lepenista, antieruopeista e nazionalistica della Lega di Salvini e del suo reggicoda Zaia.
Avevamo auspicato una più saggia decisione da parte dei dirigenti della Lega, ma, alla fine, ha prevalso la volontà del Capitan Fracassa lombardo che, stravolgendo statuti e regolamenti, si è pesantemente inserito e ha violato l'autonomia dei veneti.
Non sarà la gracile candidatura della sempre mutevole signora vicentina Moretti, la proposta politico culturale su cui potrà convergere quel terzo stato, espressione dei ceti medi produttivi e popolari da sempre terreno fertile del consenso democristiano prima e forzaitaliota e leghista poi; anche se non sarà né breve, né facile il processo di ricomposizione dell'area popolare indispensabile per offrire al Veneto una nuova speranza.
Con la conferenza stampa della costituente civica e popolare di Veneto di Venerdì 13 Marzo a Padova, il movimento federativo nato nel settembre del 2014 a Monte Berico e consolidatosi con l'esperienza della scuola popolare con cui si sono svolti i tre seminari nei quali si è declinato il principio cristiano sociale della sussidiarietà nel welfare, nell'economia e nelle istituzioni, gli eredi legittimi del pensiero democratico cristiano veneto hanno presentato il loro "Manifesto per un Veneto Popolare" che adesso viene offerto al confronto con quanti intendono garantire una svolta reale di valori, comportamenti e di una classe dirigente che si impegni ad assumere l'etica a fondamento della politica regionale.
Il Manifesto propone 15 obiettivi concreti senza aumentare la spesa pubblica:
5 obiettivi sulla difesa della vita (nascituri come nati, bonus fiscali per matrimonio e figli, dote urbanistica familiare), ), della liberta di educazione (deducibilità rette e parificazioni servizi per scuole libere) e del welfare (equiparazione servizi no profit e di operatori a quelli della p.a);
5 obiettivi per la crescita: deducibilità costo lavoro da IRAP, riduzione costo energia
per imprese; abbattimento monopolisti degli appalti regionali; portale "made in Veneto", moneta complementare veneta; supporto a export, attrazione turisti nel sistema veneto e nuovi investimenti con Venezia "free zone"; della Regione, che deve concentrarsi nel favorire sviluppo; meno Comuni, ma più pluralisti al proprio interno; stop a enti intermedi; unificazione servizi su scala regionale; INOLTRE vuole una vera (non finta) battaglia per la "specialità" del Veneto. Si può arrivare a questo risultato attraverso la fusione delle tre regioni del Nord est, azionando i meccanismi costituzionali dell'art. 132, comma 1, che condurrebbero a un referendum sul tema. L'art. 132 Cost e la legge attuativa prevedono, infatti, la convocazione di un referendum se tanti consigli comunali quanto 1/3 della popolazione
complessiva chiedano la unificazione di più regioni (1/3 del Triveneto = ½ del Veneto…)
IL Manifesto popolare rappresenterà il criterio delle scelte e, quindi, la Costituente Civica e Popolare:
1) Giudicherà le proposte politiche sulla base del confronto sui temi del Manifesto
2) Propone una disponibilità di persone nuove, non appannate, cioè, da plurime esperienze di occupazione di spazi di potere a qualsiasi costo;
3) Propone la rottura del sistema economico Galan/ PD, avendo pagato direttamente la non omologazione a tale dinamica in tempi non sospetti;
4) Propone obiettivi concreti sui temi del welfare, della crescita e della difesa del Veneto, convinta che l'unico modo di raccordare la politica con l'associazionismo, le famiglie, le imprese e le persone sia di dare testimonianza di un nuovo servizio
5) La CCP opererà in accordo con altri gruppi. movimenti, partiti per approfondire le relazioni con la CSU avendo come obiettivo quello di concorrere alla costruzione nel Veneto e in Italia di una esperienza simile a quella testimoniata dai popolari bavaresi, con una nuova piattaforma politica, anche composta al proprio interno da una ricca pluralità associativa, ma unitariamente popolare, liberale e riformista, così come europeista e autonomista, inserita a pieno titolo nel Partito Popolare Europeo.
Sono queste le indicazioni che abbiamo offerto da tempo anche all'amico Flavio Tosi con il quale intendiamo condurre la nostra battaglia di rinnovamento per un Veneto e Triveneto Popolare guidato dai Popolari.
Ettore Bonalberti
Coordinatore per le regioni del nord della Federazione dei Popolari Italiani